La democrazia del Rock



Prefazione
“Nella musica rock le date non vengono quasi mai rispettate.
Così, gli anni ’50 iniziarono solamente nel 1954 con Elvis Presley per terminare nel 1963 con l’esplosione del fenomeno Beatles.
Gli anni ’60 videro la luce nel 1963 e finirono nel luglio 1971 con la morte del leader dei Doors, Jim Morrison, e così via…”
Esistono una marea di “guide al rock” e di “storie del rock”, ed ognuna di esse è autentica e veritiera.  
Il motivo è da ricercarsi nella percezione che ogni autore ha avuto nel suo percorso “musicale” del fenomeno rock.
Così, se io fossi nato negli anni Sessanta, con ogni probabilità avrei incontrato il rock degli anni Ottanta e avrei probabilmente contraddistinto quell’epoca come la più significativa in assoluto.
Altri, molto più autorevoli di me, hanno scritto cose diverse, essendo nati in epoche precedenti alla mia.
Personalmente ho condiviso l’esperienza degli anni Settanta con tutti i suoi mutevoli riferimenti al rock progressivo, al sogno californiano etc., e sono convinto (ovviamente) che quella e solo quella, sia stata l’epoca più sconvolgente e genuina del rock.
Questa è solo la mia impressione… voi fatevene una ragione.

INTRODUZIONE
In cinquant'anni di vita il rock ha cambiato pelle molte volte, e ogni volta dalla sua mutazione abbiamo assistito ad una evoluzione che ha sempre e comunque affermato le sue radici. Agli esordi la denominazione era semplicemente rock and roll, poi nel tempo è cresciuto, si è trasformato ed è diventato di volta in volta beat, rock blues, hard rock, punk e mille altre etichette affibbiate come se si trattasse di una bevanda, a quasi esclusivo  uso e consumo dell’industria discografica.
Dietro ogni etichetta possiamo però individuare sempre un unico filo conduttore ed una matrice comune, che testimoniano come il rock resti tuttora il più grande avvenimento planetario musicale (e non solo) del Ventesimo secolo.
La singolarità risiede nel fatto che è l'unico genere musicale nato dai giovani, suonato dai giovani e fruito essenzialmente dai giovani.
Durante il lungo periodo trascorso dalla sua nascita ad oggi, si è intrecciata la storia della nostra società, ed è stato proprio il rock ad avere interpretato di volta in volta i cambiamenti belli o meno belli.
La storia del rock è quindi un modo efficace e concreto per interpretare con passione una parte di storia del mondo; una storia vissuta in prima persona dalla parte più giovane, attiva e creativa della società.
In epoche ovviamente diverse almeno quattro generazioni sono cresciute ascoltando musica rock: i fans di Elvis Presley, di Jimi Hendrix, dei Beatles e Rolling Stones, i giovani fruitori della dance music, del punk e dell’heavy metal.
Sono certamente maniere molto diverse di vivere e di ascoltare musica, ma tenute insieme da un solo filo unico che fa il giro del mondo.
Lo stesso filo unico unisce persone nate a cinquant'anni di distanza, ed è questa una prerogativa che solo il rock può vantare. Non è neanche necessario essere consapevoli di questo legame o essere degli esperti: chi ascolta per la prima volta qualcosa, pensa che sia una musica, un sound particolare nato in quel momento proprio per appartenere a lui!
Ma le cose non stanno esattamente così: quello che abbiamo ascoltato venti anni fa ha generato la musica che è nata dopo, e così via. In fondo, le note non sono solo… sette?
LE RADICI DI UNA NUOVA CULTURA
Dunque, la più importante storia della musica del secolo scorso è senza dubbio appartenuta al genere rock.
La data di nascita si potrebbe far risalire al 5 luglio 1954: quel giorno viene infatti incisa la canzone That’s all right mama da un giovanissimo cantante country: Elvis Presley.
Il brano fu scritto otto anni prima, nel 1946 da un bluesman di colore, Arthur Big boy Crudrup. Questa è la prima contrapposizione frontale sull’incandescente tema bianchi/neri - che ritroveremo mille volte ancora – ed è in questa lotta sociale che nasce e si sviluppa la musica rock.
Negli anni Cinquanta sono essenzialmente tre i generi dominanti della scena musicale americana: il pop da intrattenimento, ovvero la musica leggera, che annovera tra i maggiori ‘crooner Frank Sinatra e Perry Como; la country music, che dal Tennessee ha il pieno controllo della pancia e del cuore americano: la sua enorme provincia, e il rhythm & blues, la cosiddetta musica dei neri, controversa, disprezzata e discriminata dai ‘bianchi’, tanto che i loro dischi vengono chiamati ‘race record’, cioè dischi della razza (nera, ovviamente).
Nelle famiglie della middle-class, della borghesia yankee, uno dei più gravi torti e gesti di rottura del tessuto sociale nei confronti dei genitori era quello di ascoltare proprio la musica dei neri, il rhythm & blues, comunemente denominato assieme al blues, la ‘musica del diavolo’.
È un momento di svolta, inconsapevole e molto importante, perché da questo scontro tra due culture, tra i bianchi che portano in dote la mente, la tecnica musicale con chitarra, basso e voce, e il cuore battente rhythm & blues dei neri - che li avvicina ai loro antenati africani - nasce e si sviluppa il rock.
Questi sono gli elementi primitivi del rock and roll, il cui termine (abbreviato in r'n'r) venne definitivamente rilanciato nel 1951 dal disk-jockey “eversivo” di Cleveland Alan Freed, nella sua trasmissione radiofonica "Moondog Rock'n'Roll Party", per diffondere la musica nera presso un pubblico di adolescenti bianchi. Probabilmente, la prima volta che il termine – di chiara allusione sessuale - venne usato in un brano musicale, risale al 1922  My man rocks me with one steady roll.      
Furono anni fondamentali per le soluzioni tecniche al servizio della nuova musica: all'inizio degli anni '50 vennero immessi sul mercato i primi modelli di chitarra elettrica, la Fender Telecaster e la Gibson Les Paul, dal 1951, iniziavano a diffondersi i primi juke-box che suonavano dischi nel nuovo formato a 45 giri. Fino ad allora i dischi giravano infatti a 78 giri.
Nel 1954 tutte le compagnie discografiche passarono al 45 giri, decretando il nuovo standard e la fine del 78 giri. Sempre nel 1954 la TTK (divenuta in seguito Sony), introdusse sul mercato la prima radio a transistor. Fu il vero inizio dell’avventura in un felicissimo e raro amalgama: aver creato un nuovo mezzo di comunicazione per un nuovo immenso mercato.
I primi dischi del genere r'n'r videro la luce nel 1954, ed il primo grande successo, quello che spalancò realmente le porte alla nuova musica fu Rock around the clock, scritto lo stesso anno ed eseguito da Bill Haley con il suo gruppo the Comets; il successo del disco rivelò l'esistenza di un pubblico vastissimo che impazziva letteralmente per chiunque suonasse quello stile. I neri stavano sicuramente suonando la musica più eccitante del momento, ma erano i giovani bianchi ad avere i dollari in tasca per acquistarla. 
Haley era sulle scene musicali da diverso tempo, passando dalla musica country al pop. Aveva buone idee e molta energia; questo gli permise di ‘inventare’ il rock and roll: un ritmo decisamente dirompente: la sua voce urlante e la chitarra elettrica la facevano da protagonista nel famoso assolo di Rock around the clock.
Il grande successo della canzone arrivò nel 1955, quando fu inserita (primo brano rock in assoluto) nella colonna sonora di un celebre film sui giovani sbandati ribelli di quegli anni: Blackboard Jungle di Richard Brooks; in Italia il film venne intitolato Il seme della violenza.
Il brano Rock around the clock raggiunse contemporaneamente il primo posto nelle classifiche rhythm'n'blues e pop: un evento eccezionale mai verificatosi prima.
Bill Haley soffriva però di una debole presenza scenica, insomma non rappresentava per la neonata industria discografica un modello da fare  entrare nei cuori dei giovani americani.
C’era quindi assolutamente bisogno di un vero ‘ribelle’ con il quale identificarsi e che parlasse a nome di tutti i giovani usando il loro stesso linguaggio.
Una delle vere sorprese della nuova musica era rappresentata da Chuck Berry, un cantante e chitarrista di colore nato a San Josè in California e cresciuto a St. Louis, una delle capitali del blues.
Le sue canzoni raccontavano storie con le quali gli adolescenti potevano identificarsi e ritrovarsi, storie che mettevano in evidenza il passaggio generazionale. Ascoltandolo in radio non si poteva comprendere che Berry fosse di pelle nera; nell’America integralista e razzista di quel periodo, per la sua perfetta pronuncia yankee i giovani americani lo scambiavano infatti per uno di loro, acquistando senza indugio i suoi dischi.
Il suo primo successo è datato 1955 e si intitola Maybellene; presenta già i giusti elementi: un blues elettrico ben sostenuto dal ritmo energetico della sua chitarra.
Chuck Berry proveniva da una solida formazione blues e si può senz’altro definire come il primo musicista rock. Nel        corso della sua carriera firma alcuni dei brani classici del r'n'r; Roll over Beethoven, Johnny B. Goode, Rock'n'roll music, Sweet little sixteen segnarono nel nome del rock una generazione di giovani bianchi americani.
Diversi guai con la giustizia lo tennero in seguito e per diverso tempo ai margini delle vendite; nel frattempo l'industria discografica aveva afferrato le regole del gioco ed era pronta a scendere consapevolmente in campo, preparando il terreno al primo mito della musica costruito a tavolino: Elvis Presley.
Nato l'8 gennaio del 1935 a Tupelo, nel Mississippi, Presley lavorò fino a 18 anni come ferroviere e camionista, finchè (leggenda vuole) un giorno non decise di fare un regalo di compleanno a sua madre incidendo negli studi della casa discografica Sun records di Memphis (Tennesse), una canzone intitolata My happiness.
L'impresario e fondatore della casa discografica Sam Phillips, intuì subito le enormi potenzialità di Elvis e gli chiese di provare a diventare un cantante country. Non era un grande sforzo creativo per Phillips, dato che l’industria discografica si reggeva fortemente proprio sul country.
I suoi primi dischi ebbero successo solo a livello locale, non superando mai i confini dello stato del Tennessee, ma il nuovo manager di Elvis, il “colonnello” Tom Parker, aveva obiettivi più furbi e remunerativi per se e per il suo protetto.
Nel 1955 Parker riuscì a far ingaggiare Elvis dalla RCA, una delle più grandi label discografiche americane.
La sua incredibile carriera di cantante orecchiabile (easy listening) iniziò nel 1958 con lo strepitoso successo della canzone Heartbreak hotel: primo posto nelle classifiche pop e country e quinto in quella rhythm & blues. La sua fama di bianco bambolotto dalla voce nera si estese presto a tutto il territorio degli Stati Uniti e le sue incisioni successive furono altrettanti grandi successi.
I want you, I need you, I love you, Don't be cruel. Hound dog, Love me tender, diventarono tutti enormi guadagni per la sua casa discografica, e Presley era la classica gallina dalle uova d’oro.
Anche il suo “look” e il suo modo di muoversi in scena erano vincenti. Il rock – seppure impalpabile nel suo caso - cominciava ad affermarsi come musica dei sensi, dell'amore fisico contro il perbenismo puritano delle tradizioni americane.  
In effetti, a dispetto dell’indubbio successo commerciale di Elvis Presley, c'erano almeno tre buoni motivi che agivano contemporaneamente contro il rock'n'roll: una forza politica (gli USA stavano uscendo dal periodo di "caccia alle streghe" di Joseph McCarthy, e qualsiasi comportamento fuori dalle regole era reo di favorire l’ingresso del comunismo in America), una forza religiosa (il rock'n'roll, con i suoi riferimenti espliciti al sesso non era esattamente il tipo di musica da indirizzare ai propri figli) e una forza razziale (il rock'n'roll era una acclarata invenzione dei neri, in un periodo in cui era pane quotidiano il problema della separazione razziale tra bianchi e neri, e quindi era una musica da reprimere e bandire assolutamente).
Una delle tante associazioni moralistiche conservatrici americane nate per combattere qualunque tipo di trasgressione, e quindi anche della musica rock, affermava: "questa musica (il rock'n'roll) degrada  l'uomo bianco al livello inferiore del negro. Esso è parte di una cospirazione tendente a minare la morale dei giovani del nostro paese..."
Il rock dava finalmente voce e linfa alle nuove generazioni che non si riconoscevano più nei sorpassati valori dei genitori, e Presley in quel preciso momento storico era il loro portavoce.
Il suo studiato movimento di roteazione dei fianchi sulla scena diede origine a quel filone di ambiguità e di carica sensuale, ripresa in seguito da molti artisti del rock contemporaneo.
Per Elvis anche il cinema fu un successo senza limiti.
Nel 1957, al culmine della celebrità, interpreta uno dei suoi film più significativi Il delinquente del rock'n'roll, diretto da Richard Thorpe.
Dopo il primo film, Love me tender (in Italia Fratelli rivali ), fu per anni in testa alle classifiche degli incassi. Persino il suo periodo di servizio militare in Germania entrò al cinema in Caffè Europa del 1960, e quando si congeda, nel 1960, Elvis è ancora ‘the King’, il re; una immagine alimentata costantemente grazie all’accorta strategia operata dal suo furbo manager Parker.
Ma il meccanismo inizia a rallentare e qualcosa cambia in lui e nel suo pubblico: Presley non è più il giovane falso contestatore della prima ora, mancano gli stimoli, e il pubblico annusa che sta per arrivare qualcosa di nuovo.
I suoi concerti diventano sempre più rari, e sul palco è un’altra persona: non ha più niente dell’energia  iniziale; la continua assunzione di alcool e barbiturici per restare a galla nello show-biz sono tutti presenti, e i suoi nuovi dischi perdono coerentemente anche la carica degli anni precedenti.
Dopo poco tempo, arriveranno i Beatles ad oscurarne la fama e a inventare nuove regole del gioco.
Elvis ‘the King’ Presley muore per complicazioni fisiche, il 16 agosto del 1977, e con lui si chiude il primo capitolo del rock. Il suo grande merito resterà quello di aver fatto spiccare alla musica il salto definitivo verso un ruolo di appartenenza collettivo al mondo giovanile.
Un altro musicista nero che impresse la sua impronta nella prima stagione del rock è Little Richard. La sua era esplicitamente musica sensuale: restano famosi i suoi spogliarelli in concerto, quando rimaneva in mutande e lanciava i suoi abiti al pubblico.
Nasce a Macon in Georgia nel 1932, e anche per lui il primo successo è del 1955 con il branoTutti frutti. Seguono poi numerosi hit ripresi da altri cantanti e complessi, anche in epoche successive: Lone tall Sally; Good golly miss Molly; Lucille. Subentrerà in seguito una crisi mistica che indebolirà definitivamente ogni suo contenuto musicale.
Sono da ricordare poi una serie di artisti bianchi, che a quell'epoca si contendevano il ricco mercato discografico sfornando milioni di dischi. Fra essi va annoverato Buddy Holly, il primo idolo ‘martirizzato’ del rock, morto nel 1958 a soli 22 anni in un incidente aereo. Per un certo periodo Buddy riuscì persino a rivaleggiare con Elvis per il titolo di “re del r'n'r”. I suoi successi si chiamano Peggy Sue; Maybe baby ; Oh boy. La sua fine venne sempre ricordata come ‘il giorno in cui la musica morì’.
Da menzionare ancora Jerry Lee Lewis, uno scatenato pianista e cantante, che iniziò con la stessa casa discografica del primo Presley, la Sun Records firmando brani celebri come Whole lotta shakin' goin' on, Great balls of fire e High school confidential.  A 23 anni fece scoppiare uno scandalo sposando una cugina tredicenne, e nell’America puritana dell’epoca l’avvenimento decretò la fine della sua carriera.
Infine, Eddie Cochran, piccolo grande maestro del r'n'r' rimasto praticamente sconosciuto in Italia. Egli incarnò lo spirito del giovane ‘ribelle senza causa', (riportando varie analogie con l’attore James Dean), fino alla sua morte, avvenuta a soli 21 anni, nel 1960 a causa di un incidente automobilistico. Di lui ci restano alcuni 45 giri di grande successo come Summertime blues, C'mon everybody, Lonely e Sittin' in the balcony.      
Alla fine degli anni Cinquanta, attirati dal vortice commerciale del rock'n'roll, parecchi artisti provenienti dallo sdolcinato pop e dal country si convertirono al nuovo stile.
Tra i primi ricordiamo Pat Boone (uno dei cantanti melodici ‘leggeri’ di maggior successo di tutti i tempi), ma il suo impatto sul rock fu assolutamente breve e poco significativo.
Più interessante invece l'incontro avvenuto tra il genere r’n’r ed il country: da questa fusione nasce il cosiddetto rockabilly (termine che unisce rock e hillbilly, la cosiddetta musica folk dei monti Appalachian), un genere che furoreggiò per qualche anno in America e che ebbe numerosi proseliti anche in Gran Bretagna.
Tra i più rappresentativi di questo stile (tornato poi in auge verso la metà degli anni Ottanta), ricordiamo lo stesso Buddy Holly, Gene Vincent, Ray Campi e – in Inghilterra – il gruppo dei Matchbox.
Si può affermare che lo straordinario fiorire di etichette che ha sempre caratterizzato la storia del rock, ha           inizio dalla fine degli anni Cinquanta.
In pochissimi anni il r'n'r muterà pelle e fisionomia in decine di categorie e sotto-generi che dureranno molto poco, veicolati in particolare al ballo più in voga in quel momento: un legame molto importante e indissolubile quello tra rock e ballo che non si fermerà mai.
Il genere più in voga in quegli anni fu lo skiffle, un mix di batteria e chitarre country elaborato dall'inglese Lonnie Donegan.
Lo skiffle accompagnò gli anni giovanili di moltissimi musicisti inglesi che in seguito sarebbero divenuti famosi, come Ringo Starr, Ron Wood, Elton John.
A cavallo fra gli anni Cinquanta e Sessanta sono riconoscibili più di trenta tipi di balli diversi: nel momento in cui se ne affermava uno, i giovani si affrettavano a inventarne un altro.  Senza dubbio un ballo che fece epoca anche in Italia fu il twist, lanciato nel 1960 da Chubby Checker con il brano omonimo The twist.
La moda del twist fece il giro del mondo: tra i successi di quel periodo ricordiamo la celeberrima Let's twist again, ancora di Checker, e Twist and shout degli Isley Brothers.
A rivaleggiare con il twist venne creato nel 1961, qualcosa che stava a cavallo tra la musica e un ballo, divenendo da subito addirittura uno stile di vita: il surf.
Nasce come principale attività sportiva tra le coste della California del Sud, coinvolgendo il modo di vivere allegro e assolutamente normale dei ragazzi californiani e diventa in breve una ‘way of life’ che viene raccontata nelle canzoni dei Beach Boys, il più celebre e amato gruppo di surf.  
Il loro successo inizia con il 45 giri Surfin’ e proseguirà per parecchi anni, anche quando la moda del surf sarà ormai superata.
Con il surf si afferma anche il gusto per una musica pacifica e melodica, lontana anni luce dal disordine esuberante del primo rock and roll.
Ma da lì a poco si tornerà ai ritmi decisi, alle voci urlanti, agli assoli di chitarra elettrica e arriverà il beat. E con esso la seconda rivoluzione del rock: i Beatles.

L'EPOCA DEI BEATLES
Appena svoltato l'angolo degli anni Sessanta, la musica rock attraversa l'Oceano Atlantico e sposta pesantemente il suo baricentro dagli Stati Uniti all'Inghilterra.
Elvis Presley insieme agli altri personaggi venuti fuori sulla sua scia, avevano fatto scoccare la prima scintilla del rock. Ma ora ci si aspettava una maturazione per offrire al nuovo pubblico un arricchimento tale da farlo divenire un grande  linguaggio universale per i giovani di tutto il mondo.
Per questo impegnativo compito il destino scelse quattro ragazzi di una delle città socialmente più degradate d'Inghilterra: Liverpool. Quattro ragazzi che sarebbero diventati i personaggi più amati e idolatrati in assoluto della storia della musica, ed il loro nome era The Beatles.
La favola inizia verso la fine degli anni Cinquanta: John Lennon (nato il 9 ottobre 1940) è uno studente del Liverpool College of Art e, con alcuni compagni di scuola fonda un gruppo musicale: i Quarrymen, dilettandosi in rock & roll e skiffle. Più tardi, si uniscono al gruppo Paul McCartney (nato il 18 giugno del 1942) e George Harrison (25 febbraio 1943). Come tanti altri gruppetti i Quarrymen suonano nei   locali di Liverpool, giungendo nel 1959 ad una discreta fama nella zona del Merseyside.
Insieme al   chitarrista   Stuart Sutcliff e  al batterista Pete Best, i tre ragazzi (che nel frattempo avevano cambiato il nome del gruppo in Silver Beatles) compiono senza troppa fortuna una tournee in Scozia, e riescono a strappare un ingaggio per un locale ad Amburgo in Germania.
Reduci dall'esperienza tedesca, che aveva costituito per i Beatles (che si fecero chiamare così dopo le prime       esibizioni) un utilissimo rodaggio per la loro musica, il quintetto torna a            Liverpool    e inizia a esibirsi al celebre Cavern Club, un locale dove si suonava musica jazz, poi trasformato in trampolino di lancio per tanti gruppi dell’area di Liverpool.
Da molti anni il Cavern Club è oramai solo uno dei tanti pub nei quali i gruppi suonano r'n'r, ed è solo una copia fedele ricostruita alcuni metri più in là dell'autentico Cavern Club demolito tempo addietro per fare posto ad uno "shopping center".
La fama dei Beatles continua così a farsi strada nei dintorni, grazie anche ad una musica precisa e grintosa e alla loro presenza scenica  che riusciva a creare un feeling diretto ed istintivo con il giovanissimo pubblico.
Nasce in questo periodo, siamo nel 1961, il cosiddetto ‘Mersey beat’, dal nome del fiume Mersey che bagna Liverpool e Birkenhead, e che ha come progenitori proprio i Beatles.
Alla fine di quell'anno, il quartetto torna ad Amburgo, (nel frattempo Stuart Sutcliff li aveva lasciati per una sua storia di ragazze) ed il pubblico rimane sempre più affascinato dallo spettacolo energetico che offrono.
Nel novembre del 1961 i Beatles incontrano colui che li avrebbe aiutati a diventare celebri: il manager Brian Epstein: era il proprietario di un negozio di dischi a Liverpool incuriosito dal successo di questi ragazzi di cui parlava tutta la città, e si recò a vederli al Cavern.
La sua prima impressione quando li vide fu questa: "non erano in ordine e neanche tanto puliti; mentre suonavano fumavano, mangiavano, chiacchieravano e facevano finta di fare a botte. Voltavano le spalle agli spettatori, gridavano non so che cosa al pubblico e ridevano continuamente delle proprie battute. Ma evidentemente tutto il pubblico era preso da una enorme eccitazione. I Beatles possedevano una fortissima comunicazione personale: rimasi affascinato del loro carisma".
Epstein decise così di prendersi cura dei quattro ragazzi e nel luglio del 1960, riuscì a ottenere per loro un contratto con la EMI, la più importante casa discografica inglese, grazie al produttore George Martin.
Per contrasti interni, i Beatles cacciarono dal gruppo il batterista Pete Best e fecero entrare in pianta stabile Richard Starkey, meglio conosciuto come Ringo Starr (nato anche lui a Liverpool il 7 luglio 1940) che avevano già avuto modo di conoscere e che suonava da qualche anno nei complessi locali.
Il mitico quartetto era così pronto per affrontare la più incredibile delle carriere. L'11 settembre del 1962, i Beatles entrarono in sala di incisione per registrare il primo storico 45 giri: Love me do.
Il disco non andò subito bene, anche se contribuì a farli conoscere in tutto il Regno Unito. Fecero invece completamente centro con il secondo 45 giri Please please me del 1963,  arrivando al primo posto in classifica e inaugurando una stagione di successi planetari.
Nella primavera dello stesso anno, fu pubblicato anche il primo omonimo 33 giri del gruppo: Please please me, che li impose definitivamente all'attenzione del pubblico inglese. Il successo internazionale fu raggiunto nel 1964, quando il 45 giri Can't buy me love arrivò al primo posto nella classifica americana.
Le numerose tournee in Europa e negli Stati Uniti organizzate in quegli anni, incoronarono i Beatles come il più grande gruppo . Iniziarono le scene di isteria da parte del pubblico, in gran parte  femminile, che accompagnava i loro concerti: un trattamento che nessun musicista aveva mai ricevuto fino ad allora.
Nacque la cosiddetta beatlesmania: i Beatles non erano più un semplice gruppo di musica per i giovani, erano un mito, un fenomeno di costume mondiale, da imitare e da seguire.
Per celebrarli (e vendere più dischi), furono anche girati due pellicole che li vedevano protagonisti: A hard day's night ( che in Italia venne chiamato Tutti per uno) del 1964, ed Help (che mantenne la traduzione italiana: Aiuto) del            1965, entrambi diretti da Richard Lester.
La musica che li aveva resi celebri non conservava nulla di acerbo e della grinta dei primi tempi. Era musica gradevole, semplice e sofisticata allo stesso tempo: i testi parlavano d'amore e delle piccole cose quotidiane, ma mai in maniera banale, si avvertiva sempre quel gusto dell'ironia che fu una delle principali caratteristiche del gruppo.
Questa semplicità, questa vena leggera erano il pregio (ma per molti era un grave difetto) che consentì al quartetto di conquistare i cuori di tutto il mondo: il loro messaggio positivo affascinò chiunque, indipendentemente dalla razza e dalle origini di chi li ascoltava.
Le canzoni del binomio Lennon-McCartney sono diventati dei classici riconosciuti anche al di fuori del rock: musicisti dell'ambiente jazz e della cosiddetta musica ‘colta’, negli anni a seguire, hanno ripreso e continuano tuttora ad interpretare i loro brani, consegnandoli all'élite delle composizioni senza tempo, valide oggi come fra due secoli.
Alla fine del 1965 venne pubblicato il disco che doveva segnare una svolta nella produzione dei Beatles: Rubber soul.
I quattro ragazzi di Liverpool non erano più tanto giovani, erano musicisti affermati e sensibili, che coltivavano la loro arte. Ecco quindi, il bisogno di allargare i loro orizzonti musicali e di dare spazio a nuove influenze e a nuove esperienze in giro per il mondo.
I dischi degli anni successive, Revolver, Sgt. Pepper's lonely hearts club band e il doppio 33 giri The Beatles (noto anche come White album) sono il segno della massima perfezione nei dettagli e della maturità artistica esterna solo negli studi di registrazione, visto che i Beatles non facevano più concerti dal 1966.
Ma il meccanismo perfetto si era inceppato e non funzionava più come doveva.
Nel mondo della musica alla fine degli anni Sessanta, comincia di nuovo ad accadere qualcosa: tantissimi nuovi gruppi lavorano per trovare diversi orizzonti musicali.
I Beatles cercano di rimanere al passo coi tempi, e in parte ci riescono.
Ma forse comincia ad affiorare anche in loro la convinzione che un ciclo si stia chiudendo. Sotto i colpi di incomprensioni personali e di alcune sfortunate vicende economico-legali, il gruppo si scioglie (McCartney è il primo ad abbandonare il quartetto) alla fine del 1969, dopo aver lasciato come testamento musicale due album del calibro di Abbey Road e Let it be.
Si chiude effettivamente un'epoca. La musica rock ha un immenso debito di riconoscenza verso i 4 di Liverpool, almeno per due loro grandi meriti: aver provato a decodificare la musica dei giovani in un vero linguaggio universale e comprensibile a tutti, e aver aperto nuove strade che in seguito sarebbero state seguite da tantissimi altri artisti nel mondo.
I Beatles però non esauriscono tutto il fermento che agitava le acque del rock inglese nella prima metà degli anni Sessanta, testimoniato dalla nascita di numerosi altri gruppi che sarebbero divenuti celeberrimi.
Primi fra tutti, i loro storici antagonisti: i Rolling Stones.
Per anni furono codificati soprattutto dai media come i rivali acerrimi e l'esatto contrario dei Beatles: tanto Jonn Lennon e soci apparivano perfettini, sofisticati e per bene, quanto i Rolling Stones  guidati all’inizio dal chitarrista Brian Jones  ‘dovevano’ (almeno per la stampa) apparire provocatori e trasgressivi. Si capì successivamente che anche questo antagonismo serviva soprattutto alle rispettive case discografiche per vendere i loro dischi più che possibile.
La storia dei Rolling Stones inizia nel 1962 a Londra, nel quartiere operaio di Chelsea, ed il primo nucleo è formato da Mick Jagger, Brian Jones e Keith Richard.
Anche per loro, le radici musicali sono rappresentate dalla musica nera energetica e sanguigna del rhythm & blues, da un ritmo sostenuto accompagnato da testi decisamente poco allineati per l'epoca.
Il trio, al quale si erano intanto aggiunti il bassista Bill Wyman e il batterista Charlie Watts, esordiscono al Marquee Club (uno dei più famosi locali rock di Londra), ma si fa le ossa suonando all'altrettanto celebre Crawdaddy Club di Richmond.
Nel 1963 vengono scoperti dall'impresario Andrew Oldham, che fa firmare loro un contratto con l’etichetta Decca. Incidono qualche 45 giri senza molta fortuna, fino al 1965, quando esce la famosissima Satisfaction che li lancia in tutto il mondo.
L'anno successivo, la coppia Jagger-Richard – che aveva negli anni esautorato dal ruolo di leader il fondatore del gruppo Brian Jones - prende saldamente in mano la gestione del gruppo ed esce l'album della consacrazione: Aftermath, contenente l’incredibile Goin' home, un brano lungo undici minuti, una durata stratosferica che sconvolge la tradizione imposta di tre minuti per canzone.
Iniziano contemporaneamente anche i guai con la giustizia: gli spettacoli dei Rolling Stones subiscono regolarmente denunce per oscenità, e Jagger, Richard e Jones subiscono diversi arresti per detenzione e uso di droga.
La loro musica si fa però sempre più coinvolgente incontrando i favori crescenti dei ragazzi sparsi in tutto il mondo: alla fine degli anni Sessanta sono fra le prime band rock-star del mondo, incoronati da due intensi album come Their Satanic Majestic Request e Beggar's Banquet.
Mentre i Beatles si autoincensavano come “più famosi di Gesù Cristo”, gli Stones si autoeleggono “sacerdoti di Satana” per la gioia delle frange rockers più incallite e perché no, della stampa specializzata, che non digerisce la perfezione sonora dei Beatles.
I Rolling Stones arrivano così ad incarnare l'ala dura del rock, quella più intransigente ed anticonformista, che insiste per tagliare i ponti con il mondo ‘convenzionale’ dei genitori.
Il loro mito tra alti e bassi, continua anora oggi: anche se hanno cessato di stupire restano semplicemente ‘la più grande band di rock'n'roll del mondo’.
In pieno periodo beat nascono altri nomi che faranno la storia del rock, tutti in debito con le radici della musica nera, vera matrice del rock più genuino.
Nella prima metà degli anni Sessanta arrivano sulla scena gli Animals di Eric Burdon, gli Yardbirds di Eric Clapton e Jeff Beck, i Kinks di Ray Davies, lo Spencer Davis Group del sedicenne Stevie Winwood, i Them di Van Morrison        e gli    Who  di Pete Townshend; questi che fanno dell'energia del blues  il proprio punto di forza.
È un periodo molto fertile per la musica inglese, che nel giro di qualche anno contribuirà moltissimo alla generale evoluzione della musica rock. Tuttavia, dall'altra parte dell'Atlantico non si sta con le mani in mano a festeggiare i fasti  di Presley.
Nello stesso periodo in cui prevale  il beat in Inghilterra, in America vengono gettati i semi che avrebbero dato frutti dannatamente succosi alla fine del decennio.
Il primo grande personaggio è Bob Dylan. Robert Allen Zimmerman (questo è il suo vero nome) nasce a Duluth nel Minnesota il 24 maggio del 1941. Già a 12 anni comincia ad interessarsi al blues e al folk: il suo modello è il folksinger Woody Guthrie, carismatica figura della canzone politica di protesta.
A vent'anni, Bob Dylan si trasferisce a New York e inizia a cantare nei locali fo1k del Greenwich Village, il quartiere degli artisti.
Nel 1962 realizza il primo disco, omaggio dichiarato al maestro Guthrie, ma il grande successo verrà l’anno successivo, quando un suo brano Blowin' in che wind, eseguito dal trio Peter, Paul & Mary, arriverà al primo posto nelle classifiche americane.
Quella canzone durante gli anni caldi della contestazione della guerra nel Vietnam, diventerà – insieme a poche altre - una bandiera per quella generazione di giovani americani.
Sulle orme di Guthrie, Bob Dylan inizia così la sua carriera di poeta e di portavoce della protesta - attraverso i testi delle sue canzoni - che stava crescendo in quel periodo storico in America e nel resto del mondo.
Ancora nel 1962 escono due 33 giri che sono altrettante pietre miliari della musica folk americana: Freeweelin’ e The times they are a changin’.
Da questi veri e propri manifesti musicali, Dylan proietta la sua figura di  leader del nascente movimento politico, e i giovani trovano nelle sue canzoni le risposte all'insoddisfazione verso il mondo conservatore degli adulti.
Ma Dylan non aveva ancora finito di stupire il suo pubblico: con Bringin' it all back home compie il grande salto verso un mondo ignoto, verso il rock.
È il 1965: l’anno della svolta; riesce in un colpo solo ad allontanare i suoi fedeli fans e tutti gli appassionati del folk 'acustico’: accompagnato dalla Paul Butterfield Blues Band si presenta al Newport Folk Festival di bianco vestito e suonando una chitarra elettrica. E’ il rinnegamento delle sue origini. Non è più il Dylan che abbiamo imparato ad amare.
La svolta elettrica viene poi confermata da dischi stupendi e incontestabili come Highway 61 revisited e dal doppio Blonde on blonde: due lavori ormai entrati nella storia del rock.
Nel 1966 un grave incidente in moto (mai del tutto chiarito) lo costrinse a ritirarsi dalle scene per oltre un anno. Quando tornerà, Bob Dylan non sarà più lo stesso: abbandonerà ancora il rock per le melense sponde del country e della musica acustica.
Ma ciò che Dylan ha saputo realizzato lo consegna alla storia del rock: composizioni come Like a rolling stone o Just like a woman o la stessa Blowin' in the wind hanno indicato la strada a tutti i musicisti che sarebbero arrivati più tardi.
L'ombra di Dylan si estende su tutto ciò che di buono cresce nella musica americana in quegli anni. 
Il folk e il blues erano dei consistenti punti di riferimento per i gruppi che non si volevano rassegnare al beat arrivato dalle coste britanniche.
Iniziano a quindi a formarsi due grandi poli attrattivi per il  rock americano: the Big Apple (New York) e la West Coast, ovvero la California.        
Ma è soprattutto quest'ultima           a lanciare i primi importanti segnali della grande stagione che arriva: i Mamas & Papas (famosissimi i loro pezzi vocali come California dreamin' e Monday monday) e con gli ancora più energetici Buffalo Springfield (con Neil Young, Stephen Stills e Ritchie Furay) e The Byrds (con David Crosby, Roger McGuinn e Chris Hillman).
Accanto a questo fermento sta per fare il suo ingresso la musica psichedelica, ovvero le sperimentazioni musicali e culturali a base di funghi allucinogeni e di happening dal vivo dalla lunghissima durata, anche sei / sette ore di seguito.

IL GRANDE SOGNO AMERICANO
Il beat non bastava più. La creatività dei Beatles e la robusta grinta dei Rolling Stones non erano più sufficienti a trattenere i contenuti che crescevano nel mondo della musica, ma soprattutto stava per avvenire qualcosa che avrebbe unito i giovani di tutto il mondo.
La seconda metà degli anni Sessanta registra infatti l'esplosione incontenibile del disagio giovanile in perenne conflitto con i valori tradizionali della società dominante.
È il Sessantotto: l'anno delle grandi speranze e delle illusioni.
Il rock è diventato nel frattempo il linguaggio principe          dei giovani, e riflette tutte le aspirazioni di libertà, pace e amore, che per un momento videro muovere insieme milioni di persone in ogni continente.
Dal 1967 al 1970, in soli tre anni la musica rock vive la sua stagione più romantica e irripetibile, tanto carica di novità da risultare quasi indescrivibile.
È forse l'unico periodo nella storia  della  musica leggera in cui l'industria discografica è ‘costretta’ a inseguire i gusti e le inclinazioni dei musicisti e del pubblico, che impongono insieme la legge non scritta della creatività, stroncando ogni tentativo di imitazione legato alle mode del momento.
Sarà impossibile tenere dietro alla grande quantità di musica prodotta in questi tre anni, e individuare tutti i gruppi e i musicisti che hanno dato il loro contributo.
Dal 1965 in poi il rock torna a parlare americano: le novità provengono dai due luoghi più attivi negli Stati Uniti: New York e la California, con particolare riferimento per quest’ultima alla Bay Area, la baia di San Francisco.
La Grande Mela (New York) inventa la sua fucina creativa nel quartiere degli artisti, il Greenwich Village; da lì, due gruppi di artisti fecero partire la scossa decisiva: i Fugs e i Velvet Underground.
I primi, guidati dal poeta Ed Sanders e dall'attore Tuli Kupferberg recitano testi  duri e incendiari, i loro spettacoli sono 'happening' in cui può succedere di tutto.
Più incisivi musicalmente i Velvet Underground, il gruppo di due personalità carismatiche come Lou Reed e John Cale.
Lo spettacolo Esploding Plastic Inevitable Show, ideato per loro dall'inventore della pop-art, il pittore e regista Andy Warhol, è rimasto indelebile nella storia delle esibizioni dal vivo.
La loro musica è così avanti nel tempo da non essere compresa: album come The Velvet Underground & Nico (il loro primo lavoro del 1967) e White light/White heat (del 1968) conservano intatta ancora oggi, la voglia di sfondare ogni barriera di spazio e tempo.
La timida aggressività del beat è ormai lasciata per sempre alle spalle.
Sulla costa occidentale degli USA, le novità arrivano da San Francisco.
A partire dal 1964, da quelle parti è cresciuto e si è trasformato il 'movement' giovanile, partito dalla scintilla provocata dagli studenti dell'Università  di Berkeley.
C'è tanta voglia di libertà e di rompere le catene del grigiore quotidiano che affligge persino i genitori appena usciti dalla cappa di esasperato nazionalismo degli anni Cinquanta.
In città proliferano i locali dove si suona e si ascolta musica, i giovani si fanno crescere i capelli e vestono con jeans e camicia a quadri, abbandonando la divisa del perbenismo (giacca e cravatta) imposta dai padri.
Per il loro look vengono chiamati 'freaks', mostri, ma il loro scopo è cercare dei valori che vadano al di là della vita quotidiana. in grado di arricchirla di una nuova dimensione tutta da esplorare.
Per questo motivo, in tanti raccolgono l'invito dei padri della ‘beat generation’, di scrittori come Jack Kerouak autore del libro-manifesto “On the road”, e di poeti come Allen Ginsberg, Lawrence Ferlinghetti e Gregory Corso ad “allargare l'area della propria coscienza”.
Per il raggiungimento di tale scopo vanno bene, anzi viene incoraggiato l’uso di droghe “creative” come hascish, marijuana ed L.S.D., l'acido lisergico più diffuso, di cui viene fanno grande uso in qualunque occasione.
Si sviluppano i lunghissimi e coinvolgenti ‘happening’ a base di musica e droghe: è l'era psichedelica. Dal 1966 in poi, cresce il mito della baia di San Francisco, che in tre anni vide l'inizio e la fine dell’esperienza delle ‘comuni’ hippies, comunità aperte ad esperienze di amore libero, rock, religioni orientali e soprattutto speranze per un futuro solare.
I gruppi fondatori di questo messaggio sono i Jefferson Airplane, i Grateful Dead e i Quicksilver Messenger Service.  
I Jefferson Airplane guidati dal chitarrista Paul Kantner e dal cantante Marty Balin, raggiungono il grande successo con Surrealistic Pillow (1967), segnando anche l'ingresso della cantante Grace Slick.
Partono (anche loro) dal blues per esplorare nuove dimensioni musicali, senza complessi o costrizioni. La loro storia luminosa prosegue con gioielli come After bathing at Baxter's, Crown of creation ed il manifesto musicale contro la guerra del Vietnam Volunteers.
Due splendidi dischi Blows against empire e Sunfighter, entrambi firmati da Paul Kantner e Grace Slick, segneranno la fine del gruppo (con la formazione originaria) e la fine del sogno delle utopie californiane.
I Grateful Dead, guidati dal geniale chitarrista Jerry Garcia sono gli artefici perfetti degli acid-trips, ovvero dei concerti interminabili, a base di musica impregnata preferibilmente di L.S.D. e marijuana, che ponevano sullo stesso piano sia i musicisti che il pubblico radunato molte ore prima  con il sacco a pelo, per godere pienamente della loro musica.
I Grateful Dead esordiscono nel 1967 ma sono soprattutto i due album seguenti Anthem of the sun e Aoxomoxoa a imporli come una dalle realtà più creative del rock psichedelico americano.
La definitiva testimonianza musicale di quanta creatività e libertà ci fosse nella loro musica arriva nel 1970 con un album chiamato Live/Dead.
In comune con gli altri gruppi dell'epoca hanno la capacità di superare i generi per arrivare a una musica totale che non si lascia imbrigliare dalle etichette: va semplicemente ascoltata.
Anche i Quicksilver Messenger Service passano tantissimo tempo sul palco prima di arrivare al primo disco nel 1967.
Questo gruppo va ricordato per il secondo album, Happy trails (1968), una delle più belle pagine della storia del rock: una musica totale, fuori dai confini dello spazio e del tempo, con le chitarre di John Cipollina e Gary Duncan a farci entrare per circa un’ora nel loro caleidoscopico mondo.
 Dietro a questi gruppi ne vengono altri di ottimo spessore che si chiamano Moby Grape, Country Joe & Fish, Steve Miller Band.
Due grandi avvenimenti segnano l'apoteosi di questa stagione e mettono in luce altri personaggi che diverranno subito leggendari: il festival di Monterey e il festival di Woodstock.
Il primo si celebra nell'estate del 1967, a circa 200 chilometri da San Francisco e indica il momento magico e irripetibile del flower power, alla presenza di oltre 50.000 persone.
Sul palco si avvicendano i tre gruppi di punta della baia di Frisco (altro nome con cui viene chiamata la città di San Francisco), ovvero Grateful Dead, Jefferson Airplane e Quicksilver Messenger Service), oltre ai Byrds, Otis Redding (uno dei più grandi interpreti di rhythm & blues) e due musicisti che cominciavano velocemente a farsi strada: Janis Joplin e Jimi Hendrix.
Janis Joplin, (nata in Texas il 19 gennaio 1943) impone con la sua voce graffiante e roca, carica di energia e potenza, che ne farà la più grande cantante bianca di blues.
La sua vita e la sua carriera termineranno purtroppo presto (Janis morirà il 4 ottobre 1970 in una stanza d'albergo a Hollywood, per una overdose di eroina), ma quello che ha lasciato è sufficiente a far brillare la sua luce per sempre con quattro dischi ad altissimo livello.
Jimi Hendrix è un chitarrista che viene da Seattle, dove nasce il 27 novembre del 1942. La sua esibizione a Monterey è la testimonianza di quanto riusciva a trasmettere con la sua Fender: un caleidoscopio di musica fusa in un’unica vibrazione.
La sua strepitosa stagione dura solo tre anni. Il 18 settembre1970 Jimi muore a Londra per una overdose da barbiturici.
Di lui restano i dischi, non misurabili con le esibizioni dal vivo e dei primi splendidi Are you experienced? e Axis: bold as love. Restano anche decine di 'bootleg' (incisioni non ufficiali ) di bassa qualità, sfornati per evidenti scopi speculativi dopo la sua morte.
Il festival di Woodstock, (un piccolo centro vicino New York) segna insieme  il trionfo e la fine delle  utopie di quel periodo magico.
Dal 15 al 18 agosto del 1969 oltre mezzo milione di ragazzi assistono ad  un avvenimento unico, lungo tre giorni di "pace, amore e musica". Il Festival coinvolge la migliore espressione del rock americano.
Sono da citare tra gli altri: Santana, Crosby, Stills, Nash & Young, Canned Heat, Blood, Sweat & Tears e decine          di altri artisti .
Fra tutti merita uno spazio il supergruppo format da David Crosby, Stephen Stills, Graham Nash e Neil Young.
David Crosby proviene dai Byrds: Stills e Young sono reduci dall'esperienza Buffalo Springfield, e Graham Nash, l'inglese del gruppo, si era trasferito in California dopo i successi ottenuti in patria con il gruppo degli Hollies.
Neil Young è il canadese taciturno e geniale che conferisce profondità e creatività. Insieme proseguono l'arricchimento del linguaggio folk inaugurato tempo addietro da Bob Dylan.
Irrinunciabili i due album Deja vu e Four way street (album doppio), che racchiude tutta la forza espressiva dei quattro solisti.
Ci sono altre due figure a cui riesce facile comunicare emozioni al pubblico: e proiettano in quegli anni la loro genialità sul rock americano: i Doors di Jim Morrison e Frank Zappa.
I Doors arrivano da Los Angeles e nascono dall'incontro tra il cantante Jim Morrison e il tastierista Ray Manzarek;  Morrison è il front-man riconosciuto dal resto della band,  la sua personalità carismatica ed oscura, è ben servita dal sound del gruppo.
Il loro primo lavoro è del 1867, e lo scock è immediato: la musica emana un fascino selvatico su cui Jim recita le sue poesie lancinanti alludenti al di sesso e ad immagini che scatenano le ire della società conformista.
Sono però i concerti i momenti in cui Morrison esce completamente allo scoperto; il suo magnetismo animale lo fa identificare totalmente con quello che canta, con le immagini che declama. Durante una esibizione a Miami, viene anche arrestato per atti osceni.
Dopo un secondo album di ottima fattura, Strange days, qualcosa comincia ad incrinarsi e la parabola dei Doors prosegue a fatica.
Da menzionare lo splendido disco dal vivo Absolutely live (1970) e ancora Los Angeles woman (1971).
I Doors escono di scena nel momento in cui Jim Morrison viene trovato morto il 5 Luglio 1971 in una stanza d'albergo a Parigi, vittima del classico abuso di sostanze stupefacenti.
Frank Zappa attraversa con la sua chitarra il rock come il burro. Il suo disco d’esordio del 1966 Freak out! è così contro corrente da stravolgere la stessa idea di musica: un vortice di musica colta condita con risate, sussurri, colpi di tosse, e musica presa a prestito da Maestri come Stravinskij ed Edgar Varese.
A 26 anni ha già segnato il rock in modo assolutamente originale ed unico.
Zappa insieme al suo gruppo Mothers of Invention, stravolgono le regole e la struttura stessa del rock, creando un sound assolutamente personale che non passa inosservato.
Capolavori come Lumpy gravy (1967) e Uncle meat (1968) fanno  di Zappa un paladino anti-rock, mai eguagliato da nessun altro, eccetto forse dal suo amico Captain Beefheart che ha siglato due capolavori del suono anfetaminico come Strictly personal (1968) e Trout mask replica (1970).
La fama di Frank Zappa arriva intatta fino ai  nostri giorni, attraverso la sua inesauribile forza creativa.
La psichedelia sbarca intanto in Inghilterra con una band che ne diventerà subito la bandiera assoluta: i Pink Floyd.
Tre studenti di architettura creano il gruppo nel 1965: Rover Waters, Rick Wright e Nick Mason.
Il successo arriva nel 1967 con il 33 giri The piper at che gates of dawn grazie alla mente visionaria del chitarrista Syd Barrett, unito da poco al gruppo.
L’anno dopo, Barrett lascia il gruppo per gravi disturbi psichici e viene sostituito da David Gilmour.
Con questa  formazione incidono nel 1969 uno degli album più celebri della storia del rock visionario Ummagumma, un doppio LP.
Le performance dei Pink Floyd raggiungono la massima espressione soprattutto nei concerti dal vivo: la loro musica sognante, espansa, proiettata in uno spazio-tempo illimitato, è prodotta da quella ‘coscienza allargata’ dagli allucinogeni (L.S.D) predicati dai musicisti e dai poeti americani.
Con il successivo disco Atom heart mother, chiudono il primo ciclo, legato alla novità della psichedelia.           
Qualche tempo dopo arriverà anche per loro la stagione del grande successo determinato dal 33 giri Dark side of the moon, un lavoro così innovativo che ancora oggi rappresenta per le giovani generazioni che si affacciano al rock, l'originale sound dei Pink Floyd.
Dark side of the moon rappresenta in un certo senso anche l’inizio della parabola discendente del gruppo che finirà per celebrare se stesso in ogni successivo disco.
Stranamente, nell’epoca dei grandi fermenti psichedelici in Inghilterra si afferma con forza un ritorno alle radici del rock verso il blues e verso la musica folk.
Gli alfieri della riscoperta del blues, unito all’energia del rock, sono i Cream e John Majall.
I Cream sono formati da personaggi già famosi: Eric Clapton (chitarra), Jack Bruce (basso) e Ginger Baker (batteria).
Si affermano con  tre dischi, di cui il terzo è sicuramente quello che ha fatto parlare di più: Wheels of fire (1968), un doppio LP registrato in parte dal vivo e in parte in studio. La musica è grintosa, sorretta dalla grande tecnica dei tre musicisti, che sfocia diverse volte nel virtuosismo.
Il cosiddetto blues revival è legato al nome di John Mayall cantante e pluri-strumentista, fondatore dei Bluesbreakers, eccezionale  laboratorio dal quale  sono nati, tra gli altri, musicisti come Jack BruceEric Clapton, Mick Taylor e Peter Green, ovvero alcuni tra i nomi più noti del british rock.
Tra il 1966 ed il 1970, Mayall realizza le sue cose migliori e piene di riconoscenza verso la fonte del blues, senza però rinunciare a una dose di personalità, come traspare in  Bluesbreakers with Eric Clapton (1965), A hard road (1966), Crusade (1967) e Blues from Laurel Canyon (1969).
Il folk revival è invece legato quasi esclusivamente al nome dei Pentacle e dei Fairport Convention.
I Pentacle sono guidati dai chitarristi John Renbourn e Bert Jansch, e riescono nella difficile sfida  di unire il folk e il jazz.
La grazia e la delicatezza dei risultati sono testimoniati da Pentacle (1968), Sweet child (1968), Cruel sister (1970) e Reflection (1971).
I Fairport Convention mettono in risalto l'influenza del rock nella musica folk  con due ottimi artisti come il violinista Dave Swarbrick e la cantante Sandy Denny. Da ricordare il loro lavoro Liege and Lief del 1968.
Anche l'Inghilterra comincia a dar segni di rinnovamento, iniziano  (siamo alla fine dei Sessanta) a spuntare i nomi che porteranno alla maturità il rock inglese nel decennio successivo.

LA DECADENZA DEL ROCK: gli anni Settanta
Nel 1970 il rock compie 20 anni e possiede una sua autonomia e identità.
Il suo è un linguaggio diffuso trasversalmente in tutto le nazioni del mondo; in esso si riconoscono giovani di ogni razza e ceto sociale, mentre l’industria discografica si espande alle sue spalle facendone uno dei più vistosi fenomeni economici dalla seconda guerra mondiale in poi.
Il rock si propone anche come la prima arte, nata cresciuta e sviluppata completamente all'interno dei mezzi di comunicazione di massa (giornali, radio, televisione) che a loro volta si trasformano, inventando un nuovo ruolo fra il pubblico e le nuove star.
È una musica che è riuscita a costruire un suo linguaggio particolare, prendendo a prestito elementi da qualunque stile musicale trovasse sul suo cammino: il blues, il jazz, il folk, il country, la musica classica: tutto è stato consumato, digerito e rimesso in circolo con nuovi significati.  
E’ un processo di rinnovamento che viene alla luce molto chiaramente nel rock inglese della prima metà degli anni Settanta, prendendo il nome di progressive rock.
Sarà una esperienza che contaminerà quasi simultaneamente gruppi sparsi in ogni parte del mondo per gli anni a venire.
Sfiorati dai movimenti di rinnovamento sociale e politico nati in America e in altri paesi europei (Francia, Germania e Italia), i giovani musicisti inglesi si dedicano con più entusiasmo alle loro creazioni musicali piuttosto che a dettare  proclami politico-sociali nei testi delle loro canzoni.
Questo parziale disinteresse verso l’attualità, permette al rock inglese di intraprendere uno sviluppo apprezzabile, le cui influenze arrivano fino al XXI secolo.
Il blues è ancora una volta il principale punto di riferimento di alcuni grandi gruppi di questa stagione, a cominciare dai Traffic.
Il quartetto è guidato dall'ex ‘enfant prodige’ Stewie Winwood (già a 16 anni con lo Spencer Davis Group), ed esordisce nel 1967 con Mister Fantasy affermandosi immediatamente.
Dopo altri dischi di successo, i Traffic si sciolgono per alcune incomprensioni emerse all'interno del gruppo. Si riformano nel 1970, giusto in tempo per incidere uno dei migliori dischi del rock : John Barleycorn must die, una perfetta prova di equilibrio raggiunto dai musicisti, nonostante i loro diversi campi di provenienza.
Il gruppo non riuscirà più a toccare quelle vette importanti, pur realizzando album tutt'altro che disprezzabili, fino allo scioglimento definitivo nel 1974.
Sullo stesso terreno musicale si muovono i Jethro Tull, dominati dalla megalomane figura dello scozzese cantante e flautista Jan Anderson.
Il loro primo album è del 1968 e si intitola This was, pervaso da un blues elettrico seducente, con il chitarrista Mick Abrahams in evidenza.
Subito dopo, Abrahams lascia la band e Anderson prende completamente in mano la guida, che da questo momento diventerà una sua creatura. Escono ancora due dischi interessanti come Stand up e Benefit, che sono anche le cose migliori dei Jethro Tull; poi il gruppo precipiterà nella mania di grandezza di Jan, appesantendo il sound del gruppo, anche se il successo tra i fans  continuerà.
Più grintosi e vivaci i Family, guidati dal cantante Roger Chapman, che non raggiunse mai il successo che avrebbero meritato: Entertainment (1969) e Fearless (1971) sono i loro dischi migliori. Il gruppo scomparve nel 1979.
Provenivano tutti dalla scena blues, i componenti dei Colosseum, una ‘superband’ che regalò splendide pagine nella storia del rock inglese. Il gruppo esordì nel 1968 registrando quattro album, dei quali va segnalato Valentyne suite (1969) e l'ultimo Colosseum live (1971), che segnò anche la fine dell'esperienza.
Valentyne suite introduce il discorso un discorso più ampio, sull'interesse che i musicisti inglesi svilupparono in quel periodo nei confronti della musica classica e che produsse un genere definito ‘rock sinfonico’.
Questo disco rivelerà infatti un debito verso le grandi melodie della musica classica (il gruppo registrò addirittura una versione rock del Bolero di Ravel).
La contaminazione tra rock e musica ‘colta’ fu una tendenza comune che dominò molti dei gruppi inglesi a metà degli anni ‘70.
Precursori di questa esperienza furono i Moody Blues e i Procol Harum, due complessi nati negli ultimi anni dell'era beat e autori di un rock melodico e solenne, con accenti barocchi che influenzarono molti musicisti.
I primi a delineare questa tendenza furono i Nice del tastierista Keith Emerson.
Debuttarono nel 1967 e due anni dopo fu pubblicato il disco che contiene tutte       le felici intuizioni    per cui vengono ricordati: Ars longa vita brevis.
La capacità compositiva di un trio composto solamente da basso batteria e organo risultò straordinaria, riuscivano ad appropriarsi di composizioni classiche restituendole all'ascoltatore arricchite dell'energia del rock.
La novità di questa idea durò poco: i Nice eaurirono la vena iniziale ed il gruppo cessò di esistere nel 1970.
Dalle loro ceneri nacque il celebre e criticato super-trio formato dallo stesso Keith Emerson, dal bassista Greg Lake e dal batterista Carl Palmer (Emerson, Lake & Palmer, chiamati in breve E.L.P.) che non diedero mai prova di grande originalità, preferendo appoggiarsi alla spaventosa tecnica dei tre musicisti.
Ben diversa fu la sorte di altri gruppi che - sull'onda di questo stile - crearono un nuovo sound, in grado di affascinare l'intero continente europeo.
I primi tra questi furono i King Crimson, fondati nel 1969 dal chitarrista Robert Fripp. Il disco di esordio, In che court of Crimson King, è tra le cose più significative e rivoluzionarie per quel periodo: atmosfere sognanti, alternate a momenti di intensa energia, a scandire i testi di Pete Sinfield, disegnando un quadro fantastico e avvincente.
Nel 1972 i King Crimson si sciolgono, dopo avere prodotto altri dischi ad alto livello, per ricomporsi un anno più tardi con una formazione completamente rinnovata.
Nel 1975 Robert Fripp chiude ancora una volta l'esperienza con i King Crimson per dedicarsi a progetti musicali di ricerca.
Sono gli anni in cui arrivano due gruppi decisamente più conosciuti dal grande pubblico: i Genesis e gli Yes.
I Genesis nascono a Londra nel 1969 dall'incontro di tre studenti di un liceo: Peter Gabriel, Mike Rutherfod e Tony Banks. La formazione migliore viene raggiunta due anni dopo con l'inserimento di Phil Collins e Steve Hackett e con la pubblicazione del loro terzo disco Nursery crime.
I Genesis devono la loro fortuna ed il loro successo al pubblico italiano che per primo li segnalò all'attenzione internazionale e ai loro stessi connazionali, dai quali erano stati stranamente snobbati in un primo tempo.
Le melodie romantiche e gli show fantasiosi del front-man Peter Gabriel durante i concerti, decretarono il trionfo del quintetto; nel 1974 Gabriel abbandonò la band subito dopo l'uscita del doppio disco The lamb lies down on Broadway, per iniziare una fortunata carriera da solista.
I Genesis non si sono mai ufficialmente sciolti, pubblicando dischi a fasi alterne fino a lambire gli anni 2000, ma da molto tempo i superstiti - a parte la vena creativa pop del batterista e cantante Phil Collins - hanno esaurito ogni originalità.
La storia degli Yes ricorda quella dei Genesis: esordiscono nel 1965 dopo essere stati fondati dal cantante Jon Anderson e dal bassista Chris Squire. Il disco della completa affermazione è il terzo: The Yes album (1971), che denota la presenza di strumentisti molto più dotati tecnicamente di quanto non fossero i Genesis.
Della loro carriera vale la pena segnalare due album tra le cose più importanti del rock inglese: Close to the edge (1972) e il triplo disco dal vivo Yessongs (1973).
Una menzione la meritano - sempre nel cosiddetto ‘stile romantico decadente’ - i Van Der Graaf Generator di Peter Hammill ed il gruppo  Gentle Giant.
Spostiamoci ancora per un momento in una piccola cittadina a sud di Londra, per assistere alla nascita di un originale stile musicale dall'importantissima cifra stilistica.
Si tratta di Canterbury dove nella seconda metà degli anni Sessanta si formò un gruppo ‘madre’ chiamato Wild Flowers. Da questo fucina  uscirono i nomi che fecero la storia del rock negli anni successivi.
Da lì passarono il batterista Robert Wyatt, il bassista Hugh Hopper, il chitarrista Pye Hastinns e i cugini David e Richard Sinclair, che animarono diversi nomi riuniti sotto la comune sigla del Canterbury style.
I più celebri furono indubbiamente i Soft Machine, che oltre a Wyatt  comprendevano inizialmente (nel 1967) il chitarrista David Allen e il bassista Kevin Ayers, poi passati ad altre esperienze.
Il disco che diede fama al gruppo fu il terzo, intitolato per l'appunto Third del 1970: quattro facciate di musica limpida, ondeggiante tra jazz e rock, in cui emergeva l'originale suono morbido, tipico dei musicisti di Canterbury.
Dopo il quarto album, uscito un anno più tardi, con il quale i Soft Machine virarono decisamente verso il jazz, il gruppo subì varie contaminazioni, fino ad esaurire completamente ogni discorso musicale.
Decisamente importante fu anche la formazione dei Gong, riunita in Francia ancora dal poliedrico David Allen. Era una musica eclettica ed "anarchica", insofferente di regole e definizioni.
I Gong si pongono fra le più belle realtà del rock europeo, come testimoniano i dischi usciti fra il 1971 e il 1974.
Altre formazioni di Canterbury altrettanto importanti sono: Caravan, Hatfield & North, Matching Mole.
Una menzione per l'ultima fase di questo stile decisamente più commerciale va a Mike Oldfield, che nel 1973 a soli venti anni, entrò nelle classifiche di tutto il mondo con il 33 giri Tubular Bells.
Contemporaneamente si sviluppa in questi anni uno stile che è esattamente l'opposto di quello trattato: il rock duro o hard rock.
La ruvidità dei suoni, disegnate dalle chitarre in distorsione, aprirono un fortunato mercato discografico per molte band: i capostipiti di questo stile furono i Led Zeppelin e i Deep Purple, due band inglesi che si rifacevano direttamente alle radici del rock-blues.
I Led Zeppelin, nascono nel 1968 sulle ceneri di un fortunato gruppo del beat inglese: gli Yardbirds.
La band gira intorno a due punti di riferimento: il cantante Robert Plant e il chitarrista Jimmy Page che conferisce tutta la potenza di cui il loro sound necessita.
La grande affermazione per i Led Zeppelin arriva nel 1970 con l'uscita del loro secondo album, che rimane anche la loro prova migliore, con brani eterni come Whole lotta love, ed Immigrant song.
I vari lavori discografici mantengono l’originaria incisività fino allo scioglimento dopo la morte del batterista John Bonham avvenuta in circostanze mai chiarite.
Sullo stesso piano dei Led Zeppelin, troviamo  i padri fondatori dell’hard rock: i Deep Purple, che sulle atmosfere riconducibili all’organo Hammond di Jon Lord e alla chitarra ricca di sfumature blues di Ritchie Blackmore costruirono il loro grande successo, riassumibile in uno splendido album doppio dal vivo registrato in Giappone: Made in Japan.           
La tecnica di costruzione dei loro brani basati su chitarra organo e voce, è stata copiata da centinaia di altre rock band.
Una caratteristica comune a gran parte dei musicisti inglesi di questo periodo, è la loro provenienza da famiglie benestanti, che permettevano ai loro figli di frequentare le scuole superiori e l'università.           
Da qui nascono i gusti culturalmente più raffinati che influenzarono le loro composizioni.
Il rock non è più la musica grezza  e sempliciotta degli inizi, oramai si è trasformata in un veicolo di cultura.
È indicativa in questo contesto la nascita del rock ‘decadente’, ovvero l’interpretazione con segni musicali, del tramonto della civiltà occidentale e dei suoi valori come la famiglia, la socialità ecc.
I principali esponenti di questo tipo di espressione musicale sono David Bowie e i Roxy Music.
David Bowie nasce nel 1946 a Brixton un quartiere di Londra, ed inizia la sua carriera suonando giovanissimo il sax nei gruppi beat, frequentando ancora la scuola d'arte.
Alla fine degli anni '60 si impose con un 45 giri  Space Oddity, ma non aveva ancora raggiunto quella maturità artistica che in seguito lo avrebbe portato a grandi risultati.
L’incontro importante con il poliedrico artista Lindsey Kemp, gli permette di arricchire il bagaglio scenico e visivo dei suoi spettacoli dal vivo.
La maturità artistica è raggiunta con gli show nati dal suo The rise and fall of Ziggy Stardust del 1972, con il quale toccò i vertici del suo primo periodo musicale e artistico. Il suo percorso artistico si sarebbe evoluto nel corso del tempo grazie anche alla sua fervida intelligenza creativa.
Altrettanto significativi sono i Roxy Music, fondati nel 1971 dal pittore Bryan Ferry, dallo scultore e musicista Brian Eno e dall'insegnante di musica Andy McKay.
I primi album, l’omonimo Roxy Music del 1972 e For your pleasure  del 1973, sono quanto di meglio si possa ascoltare in quegli anni: ballate romantiche ben interpretate dall’accattivante voce del ‘dandy’ Bryan Ferry, e stravolte dalla creatività elettronica di Bryan Eno, che in questo senso anticipa di parecchi anni  la cosiddetta musica new wave.
Sia Bowie che i Roxy Music scoprono soprattutto quanto sia importante comunicare attraverso l'immagine, ai fini della precisione del messaggio trasmesso.
L’unione tra suono ed immagine fu una scoperta che avrebbe arricchito tutta la musica rock, e che  avrebbe avuto profondi coinvolgimenti nell’uso dei mezzi visivi di comunicazione: il suo livello di massima espressività sarebbe arrivato negli anni Ottanta attraverso i video musicali o videoclip.

IL PUNK E LA NEW WAVE
Mentre l’Inghilterra viveva una stagione importante all'insegna del rock progressivo, gli Stati Uniti consumavano fino in fondo i mitici eroi dell'epoca d'oro.
Morti i personaggi-simbolo contrassegnati dalla "maledizione della “J" - Jimi Hendrix, Jim Morrison, Janis Joplin – esaurite le cariche sociali che davano ampio respiro alla musica (movimento giovanile, flower-power, opposizione alla guerra in Vietnam), il rock americano proseguiva su una strada esclusivamente musicale che continuava a sfornare ottimi prodotti, ma che andava anche impoverendosi sempre più di stimoli e nuove idee.
Restavano sulla cresta dell'onda soprattutto i gruppi californiani (Jefferson Airplane e Grateful Dead), che tentavano di rinnovarsi con uno sguardo a volte molto benevolo, al loro glorioso passato. Così, da una costola dei Jefferson nacquero gli Hot Tuna, con un repertorio legato al blues, mentre i Grateful Dead virarono bruscamente verso il country.
Ma nemmeno la lezione dei Byrds e di Crosby Stills Nash & Young andò perduta, anzi fece nascere una serie di nuovi interpreti del calibro di Carole King e Joni Mitchell fra le donne, James Taylor e Jackson Browne fra gli uomini.
Tra i nuovi personaggi californiani spicca Tim Buckey, che esordisce nel 1966 a soli 19 anni, raggiungendo la piena maturità artistica qualche anno più tardi con tre album considerati capolavori come Blue afternoon (1970), Lorca ancora del 1970, e Starsailor del 1971.
Gli elementi che lo caratterizzano sono legati ad un uso della voce molto personale, che passa con grande disinvoltura dai toni caldi ad altri più oscuri ed inquieti.
Buckley fu un altro grande artista ucciso dalla droga: morì nel giugno del 1975 a soli 28 anni.
Emergono i Little Feat, guidati dal geniale chitarrista Lowell George (morto anche lui a causa di una overdose nel 1979) e dal bassista Roy Estrada, entrambi ex collaboratori di Frank Zappa.
La vena magica del gruppo è racchiusa in alcuni splendidi dischi che vanno dal 1971 al 1975. Tra questi emergono : Sailin' shoes e Dixie chiken.
L’unico episodio solistico di Lowell George, realizzato nel 1979 poco prima di morire, si intitola Thanks, I’ll eat here, ed è una perla di rara bellezza.
Proseguono intantoi geniali esperimenti di Frank Zappa, che abbandonati i "collage" degli esordi, si dedica più profondamente a soluzioni prettamente musicali, Waka Jawaka e The Grand Wazoo, tutti e due del 1975, sono le grandi testimonianze di quegli anni, alle quali seguirà un periodo in cui Zappa tenterà di rivolgersi a un pubblico dai gusti meno complicati, con una musica che si volge decisamente al rock.
Si fa strada il ‘southern rock’; un rock ispirato alle radici degli stati del Sud, con diversi gruppi in bella evidenza.
Il gruppo leader di questo genere è senza dubbio  Allman Brothers Band. Nel 1971 pubblicano una vera e propria pietra miliare: Live at Fillmore East, un disco vitale e pieno di energia.
Sugli stessi livelli artistici ma meno commerciali, troviamo la band Lynyrd Skynyrd, che produce ottimi lavori come Pronunced L.S. (1973),  Nuthin' fancy (1975) e Street Survivors del 1977.
Sia gli Allman Brothers Band che i Lynyrd Skynyrd, saranno purtroppo accomunati da un destino fatale: una  serie di incidenti mortali ai propri musicisti costringerà le due band, in momenti diversi, ad abbandonare le scene.
Sull'altra costa degli States, all’alba dei Seventies, esordisce (nel 1973) un ragazzo del New Jersey, che diventerà uno dei rocker più celebrati anche ai giorni nostri: Bruce Springsteen. Il suo amore senza etichette e confini è solo il rock and roll, un rock grintoso e intimista.
Nel 1975 Springsteen trova il successo con un disco preceduto da una imponente campagna promozionale: si tratta di Born to run, un 33 giri che lo impone a tutto il mondo come il rocker più sincero e generoso di questi anni.
I suoi concerti non sono frequenti, ma si mantengono sempre ad un livello qualitativo molto alto, facendo gioire, anche per la loro durata media (circa 3-4 ore), tutti i suoi fans.
Tuttavia, a metà degli anni Settanta, il rock finisce per esaurire tutte le fantastiche energie che si erano accumulate ed esplose alla fine del decennio precedente, un fatto senza precedenti che vede coinvolti i due poli attrattivi della musica rock internazionale: gli Usa e la Gran Bretagna,
Il rock inizia un declino inevitabile. Il suo posto è consegnato ad una musica meno impegnativa, ballabile e senza alcun rapporto con i problemi della vita quotidiana, sia per la mancanza di nuove idee, sia per un ricambio naturale generazionale con la crescita di adolescenti slegati da ideali sociali e politici degli anni Settanta.
Nasce così il fenomeno della disco music, che dal 1975 in poi entra nelle orecchie di tutti i giovani portandoli in discoteca con i suoi ritmi semplici e ripetitivi.
Nello stesso tempo però, come le braci sotto la cenere, i germi di una nuova ribellione stavano per imporre nuovamente il rock come la musica giovanile per eccellenza, riportandolo a quella essenzialità e a quella energia che lo avevano fatto esplodere negli anni Cinquanta.

Dalla Gran Bretagna si preparava ad esplodere, il punk rock.
I primi gruppi ad arrivare sulla scena furono americani: i New York Dolls, e su tutti, la "poetessa del rock" Patti Smith.
I primi si costituirono nel 1973 intorno al chitarrista Johnny Thunders e al cantante David Johansen.
La storia di questo gruppo è molto breve, in  soli due anni, fanno conoscere loro gusto per un rock volutamente grezzo e per il travestimento irriverente, sono i precursori del fenomeno punk.
Più complessa è la personalità di Patti Smith, originaria di Chicago ma newyorkese di adozione.
A New York frequenta il locale che tenne a battesimo il punk: il Cbgb's, dove incontra il chitarrista e critico musicale Lenny Kaye.
Dal talento letterario di Patti Smith e dall'esperienza musicale di Lenny nasce il Patti Smith Group. Il primo disco è del 1975 e s'intitola Horses: il rock poetico del gruppo è già definito, con la voce melanconica ed espressiva di Patti e il sostegno essenziale e grintoso dell'intera band.
L'anno dopo esce il suo capolavoro: Radio Ethiopia, con il quale Patti Smith comincia a essere definita la "regina del punk".
I due  lavori successivi non aggiungono nulla a quanto già espresso, segnano l'abbandono del gruppo proprio nel momento di maggior successo.
Nel locale Cbqb's si fanno vedere un numero sempre più grande di musicisti che percorrono la stessa strada verso un rock duro e pessimista.
Si esibiscono gruppi come i Television del poeta Tom Verlaine, Cherry Vanilla, Richard Hell, Waine County: tutti musicisti che soffiarono sul fuoco del punk quando ancora non aveva questo nome.
L'esplosione massiccia e definitiva del fenomeno avvenne invece in Inghilterra, quando Malcom McLaren, il furbo manager dei New York Dolls, decide di produrre un quartetto di disperati inventati a tavolino, volutamente sporchi e triviali, e che – segno distintivo dell’intero fenomeno musicale -  non sapevano assolutamente suonare.
È il 1976. L'epoca del rock decadente dei Genesis e degli Yes, e nell'aria si sente il bisogno di un ritorno alla crudezza del rock primitivo, quello acclamato dai giovani squattrinati che nella musica trovavano la loro rivincita nei confronti dei genitori e della società intera. Una riscossa ottenuta non certo nelle sonorità ricercate e classicheggianti di Emerson, Lake & Palmer e degli YES.
Malcom McLaren ha quindi l’intuizione giusta: prende quattro ragazzi inglesi e li sbatte sul palco per vedere cosa succede, sia in senso musicale che in termini di feeling con il pubblico.
I giovani reagiscono in maniera entusiastica, si identificano finalmente in un modello; qualcuno diventa finalmente  il loro perduto portabandiera, e mandando volentieri tutte le istituzioni all’inferno, Regina d’Inghilterra inclusa!
Il punk diventa un modello esaltante di autentica cultura alternativa e proletaria, e Johnny Rotten diviene per loro un capo-popolo, oltre che front-man dell’osannato gruppo Sex Pistols.
L’identificazione totale del pubblico, le ondate di odio-amore che provenivano dalle platee dei locali nei quali i Sex Pistols si esibivano, lo esaltavano come una droga, e in quel delirio allucinante Rotten si spegneva sigarette sulle braccia graffiandosi la faccia con le spille da balia, che poco dopo sarebbero divenute il vero simbolo del movimento.
I Sex Pistols inventano anche il brano-manifesto del movimento punk: God save the queen.
Il gruppo finirà nel nulla nel 1978, dopo aver pubblicato Never mind the bollocks e dopo furiosi litigi con il loro manager.
A trasformare questo gruppo in una leggenda del rock contribuì nel 1979 anche la morte del bassista Sid Vicious per una overdose di eroina.
Altri complessi erano nati e cominciavano a crescere: si chiamavano Clash, Damned, Generation X, Vibrators, UK Subs, Buzzcocks, Boomtown Rats, Grass.
Ben presto il punk, fenomeno nato in America ma cresciuto e dilatato in Inghilterra, diviene un autentico fenomeno di costume e di appartenenza sociale, a base di giubbotti di pelle, lamette, spille e chiome coloratissime da sfoggiare in qualunque situazione pubblica.
Musicalmente il punk non offre alcuna novità, rifacendosi al rock tradizionale degli anni Sessanta e riproponendolo con pochissime variazioni di musica distorta.
Con lo scioglimento dei Sex Pistols si esaurisce la funzione originaria del punk: sferzare con energia il sistema chiuso alle novità di quegli anni.
Alla prima ondata sopravvissero i migliori, quelli che oltre all'energia pura avevano in testa il rock del domani, e in ogni caso, sapevano suonare davvero i loro strumenti.
Restano così in vita in circolazione i  Clash, che già con il loro terzo album London calling dimostrano di essere musicisti intelligenti, in grado di sintonizzarsi con i loro fans.
Con l'innesto di nuove tecnologie (sintetizzatori, drum machine ecc.) sul robusto impianto ritmico del punk si sviluppa anche un nuovo stile che rivoluziona tutto il rock ascoltato fino ad allora.
Dal 1978 in poi diventa molto difficile riuscire a classificare la musica che verrà prodotta.
Questa difficoltà verrà colmata coniando un termine che riunirà tutta la musica del post-punk: la new wave.
Tra gli esponenti di punta della ‘new wave’ troviamo gli Ultravox guidati dal cantante John Foxx e prodotti dal geniale Brian Eno. Nati in piena esplosione punk gli Ultravox pubblicano due 33 giri molto interessanti: Ah ah ah e Systems of romance.
Nel 1978 Foxx lascia il gruppo che si scioglie e si ricompone nuovamente senza grande successo.
Due gruppi da citare sono i Psychedelic Furs e i Simple Minds.
Tra i seguaci dell'elettronica più radicale e meno legata alla tradizione del rock, troviamo i Throbbing Gristle, precursori del genere ‘industrial’ e i Cabaret Voltaire.
Molto più oscuri gli esecutori di un suono grave e costante - chiamato appunto dark sound – fra i quali emergono i Joy Division, (che dopo la morte del loro leader Ian Curtis cambieranno nome in New Order) V-Cure e Siouxsie & che Banshees.
C'è anche chi non dimentica la lezione del rock del passato, pur rimanendo fedele alle linee lungo le quali si muove il nuovo rock: tra essi troviamo gli XTC, i Ludus, gli Essential Logic e gli X-ray spex.
All'interno della new wave si sviluppano tendenze molto diverse fra loro e comunque tutte da esplorare.
Nascono gruppi che si rivolgono addirittura al passato, riproponendo vecchi brani in ‘cover’ adatte ai nuovi tempi.
I due nomi che svettano su tutti per il successo internazionale riportato sono i Police del bassista e cantante Sting e i Dire Straits del chitarrista Mark Knopfler.
Entrambi esauriscono il loro interessante discorso nei primi due album.
I Police inaugurano il decennio Ottanta con Reggatta de blanc, che contiene due ottimi brani come Walking on che moon e Message in a bottle: tra i migliori esempi di reggae n'roll inventati dal trio inglese.
I Dire Straits si appoggiano quasi interamente al ricco fraseggio e alla tecnica chitarristica del loro leader Mark Knopfler: Communiquè, il loro secondo lavoro del 1979, resta anche il loro disco migliore.     
In questo ritorno al passato, c'è stato anche lo spazio per la rivisitazione di uno stile importato dalla Giamaica venti anni prima e che fu il precursore del reggae.
E’ lo ska, che viene riscoperto e portato al successo da gruppi inglesi come i Madness, Selecter e Beat.
In America  gli stravolgimenti del post-punk approdano anche in California, trovando un punto di forza soprattutto nei Dead Kennedys guidati da Jello Biafra.
Non mancano neppure i brillanti esempi della new wave americana, molto diversa da quella inglese: il nome di maggior prestigio e quello dei Talking Heads, una formazione che ha saputo raggiungere una straordinaria raffinatezza avvicinando ritmi di derivazione africana alle vibrazioni del rock.
I massimi livelli toccati dai Talking Heads di David Byrne corrispondono a Remain in light (1980) e al doppio album The name of this band... (1982)
Nello stato dell’Ohio sono due i gruppi da tenere presenti: i Pere Ubu e i Devo. I primi propongono un rock stralunato e molto originale, ben testimoniato dall'album d'esordio The modern dance (1978).
I Devo, invece, hanno praticamente inventato la dance-music elettronica partendo nel 1977 già con le giuste intenzioni.
Ma anche qui le tendenze si moltiplicano all'infinito e la lista dei nomi da menzionare sarebbe lunghissima.

L'ERA TECNOLOGICA, gli anni Ottanta
Gli anni Ottanta sono stati considerati musicalmente di transizione in quanto non sono riusciti a produrre alcun movimento musicale di rilievo, o che valga la pena di essere ricordato.
Sono comunque nati dei gruppi che hanno saputo catturare l’interesse per un breve periodo; dai Cure agli Smiths, da Jesus and Mary Chain ai R.E.M., non riuscendo però a fondare un movimento veramente interessante.
La Gran Bretagna ha avuto diverse espressioni musicali come il new-romantics, il techno-pop, la neo-psichedelia, il gothic/dark.
Negli Stati Uniti, le grandi città scoprono forme musicali come l’hardcore, l’house-music, si recupera il garage-sound, e dalle periferie sostanzialmente abbandonate delle metropoli americane nasce il rap che diventerà in breve tempo il nuovo simbolo della protesta sociale, un trasversale veicolo di comunicazione del disagio e delle frustrazioni; insieme al rap si sviluppa una nuova forma di espressione del corpo: l’hip-hop.
Dalla neo-psichedelia nasce una forma di underground, il Pasley Underground.
In sostanza, le due novità musicali di un certo rilievo sono costituite dall'heavy-metal e dallo stesso rap.
La forza dell'heavy metal è stata (ed è tutt'ora) quella di catturare l'immaginazione dei ragazzi grazie ad un miscuglio di elementi artistici e spettacolari; una delle band emerse meglio di altre sono i Metallica.
L'esplosione della sub-cultura rap e hip-hop, avviene nella Big Apple (New York), ed in genere nei periferici ghetti neri delle grandi metropoli americane, diventando in breve tempo l'unico fenomeno di costume di una certa forza degli interi anni Ottanta. Il suo contenuto sociale arriverà fino ai giorni nostri interessando solo marginalmente l’industria discografica.
Il vigore genuino di questo fenomeno veniva espresso con un ballo di strada chiamato break-dance. La danza divenne così un collante sociale e si impadronì dei giovani americani tanto da indurre le scuole di ballo “classiche” ad aprire appositi corsi.
Il cinema sfruttò ovviamente il momento: l’occasione arrivò nel 1983 con il film-cult  Flashdance corredato da una corroborante colonna sonora, di cui  What a Feeling interpretata da Irene Cara e Maniac di Michael Sembello sono un esempio.
Una delle novità introdotte direttamente dalle case discografiche fu l’avvento della disco-music: una fusione di musica nera e di ritmo cadenzato creato per essere ascoltato e consumato in discoteca. Ancora una volta il manifesto della musica disco si può identificare nella colonna sonora del film Saturday Night Fever, nella quale confluivano i rinati Bee Gees, i neri Kool & The Gang, i trascinanti KC & The Sunshine band, etc., mentre il taglio d’autore della disco si può sicuramente riferire a Nile Rodgers e Bernard Edwards, ovvero gli Chic (Good Times, 1979) e a Diana Ross, (Diana, 1980) che centrava così anche il fenomeno disco-music, dopo il primo glorioso periodo con le Supremes seguito da una strepitosa carriera solista.
La musica house è stata una delle protagoniste del decennio; realizzata nelle proprie abitazioni (da cui deriva il suo nome) ha influenzato parecchi artisti, tra cui i M.A.R.R.S. che ebbero il loro momento di fortuna con Pump up the volume, Inner City (Big Life), e ancora Tecnotronics (Pump up the Jam).
Gli artisti pop-soul che più hanno impresso il loro nome negli anni Ottanta sono Whitney Houston, (due dischi che portano il suo nome) proveniente da una famiglia musicale di solide radici, Anita Baker imposta al pubblico internazionale con due soli dischi (Rapture e Giving You The Best That I Got) e Luther Vandross (sei dischi di grande successo distribuiti lungo l’arco del decennio).
Grazie a questa infusione di stili, altri generi come rock, black music e avanguardia si sono in qualche maniera rinnovati.
Il movimento new-romantic nasce e si sviluppa nella decadente Inghilterra agli inizi del decennio, con chiare ispirazioni al modello dandy Roxy Music e soprattutto all’esteta della musica David Bowie, facendo rivivere nel pubblico rinnovati fenomeni di culto che hanno riguardato in principalmente gruppi come Duran Duran, Visage e Spandau Ballet. Di questo movimento facevano parte anche tra gli altri, Human League, i sofisticati Japan di David Sylvian, gli elettronici Depeche Mode , Ultravox.

Gli anni Ottanta saranno tristemente ricordati anche da chi non frequenta abitualmente la musica rock: l’8 dicembre 1980, John Lennon, la mente creativa dei Beatles, viene ucciso a colpi di pistola da un suo fan, a pochi passi dalla sua residenza di New York.
Questo avvenimento segna la fine di un’epoca e del sogno ricorrente di rivedere insieme i quattro baronetti di Liverpool.
Ma gli anni '80 sono scanditi fortunatamente anche da un impegno sociale che si era smarrito tra le canzoni del primo Bob Dylan.
E’ un impegno che riguarda una nuova consapevolezza dei grandi temi universali come l’ambiente, la fame nel mondo, le malattie.
Il grande risveglio della coscienza collettiva viene in qualche modo stimolato da Bob Geldof, leader dei Boomtown Rats, il quale decide che è giunta l'ora di capitalizzare la propria immagine per una grande raccolta di denaro a favore delle popolazioni dell’Etiopia, colpite da una grave carestia. Nel dicembre 1984 organizza una gigantesca chiamata all’appello riunendo in sala d’incisione i maggiori artisti del rock.
Il primo risultato è un disco dal titolo Do they know it's Christmas?  a cui segue la ‘risposta’ americana: We are che world con 10 milioni di copie vendute nel mondo.  Il ricavato dei due dischi verrà interamente devoluto alle popolazioni africane.
Grazie all’apporto mediatico di Bob Geldof, il rock assume una nuova connotazione, e acquista una immagine positiva anche presso i 'non addetti ai lavori”.
Il 13 luglio 1985, allo stadio di Wembley si celebra il Live Aid, ovvero il secondo capitolo di questa gara di solidarietà che - oltre a garantire successo planetario e fama agli artisti presenti per 17 ore su palchi in diverse parti del globo - apre definitivamente la strada ad altre manifestazioni di supporto ai temi sociali più diversi come il tour mondiale Human Rights now! per Amnesty International, organizzato da Peter Gabriel, e la cantante americana Tracy Chapman, oppure il concerto contro l'apartheid, in favore della liberazione del leader del Sud Africa Nelson Mandela.
Il Live Aid resterà il primo evento mediatico globale seguito in diretta televisiva da centinaia di milioni di persone in tutto il mondo. E’ la Woodstock della neo-era tecnologica, comodamente seguita in poltrona dalle proprie case, e senza pagare il biglietto.
Le tematiche affrontate dai musicisti pescano in ambiti diversi: Neil Young in America è il mattatore, (insieme a Willie Nelson e John “cougar” Mellecamp) di Farm Aid a sostegno degli agricoltori spremuti dal ‘liberismo reaganiano’, mentre Sting organizza con il capo di una tribù amazzonica un tour mondiale per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla continua deforestazione che avviene in Amazzonia.
L'impegno sociale riveste un carattere strettamente politico          : in Inghilterra, nel 1985 nasce Red Wedge, un'associazione di musicisti rock che si battevano per rovesciare il governo Thatcher, schierandosi a fianco dei minatori inglesi         impegnati   in uno sciopero sfiancante per l’economia inglese.
Il rock riesce quindi a ritagliarsi ancora un ruolo centrale, ad essere  protagonista, costituendo sia il messaggio che il mezzo più opportuno per sostituire la primordiale ribellione degli anni Sessanta con l’impegno sociale, forse un po’ furbo, degli anni Ottanta.
Fra i maggiori protagonisti di quel decennio sono da menzionare due grandi artisti della musica nera: Michael  Jackson e Prince. Sono loro che più di altri, hanno saputo reinventare e rilanciare la musica in tutto il mondo.
Il grande successo di Off the wall per Michael Jackson non sarebbe stato che l'inizio: una conferma del suo spessore artistico si sarebbe avuta con Thriller forte di oltre 40 milioni di copie vendute, equivalenti al record mondiale mai più battuto, di vendite per un disco a 33 giri.
Tutta la carriera artistica del negro diventato bianco, sarebbe stata improntata alla maniacale cura delle sue produzioni.
Roger Nelson, in arte Prince, arriva da Minneapolis, ed è dotato di una creatività e di una caparbietà fuori da comune, tanto che in poco tempo ne faranno addirittura il leader del cosiddetto Minneapolis Sound, immediatamente riconoscibile all’ascolto, e a cui fanno capo molte future produzioni ‘spot’ destinate al successo, con The Time, Lisa & Wendy, Apollonia 6, Sheila E., Jill Jones etc.  Nello stesso periodo viene fondata anche una etichetta discografica indipendente: la Paisley Park.
Prince si propone sul mercato nel 1978 con il 33 giri For You, scritto, arrangiato, suonato e cantato solo da se stesso. Con Dirty mind, del 1980, la musica si fa più funky, con testi aggressivi e trasgressivi che gli porteranno molti problemi con le case discografiche.
Con il doppio album del 1982, 1999, arriva il primo travolgente successo di vendite, consacrato nel 1984 da Purple Rain, un riuscitissimo progetto musical-cinematografico che gli rende fama mondiale (resterà la colonna sonora più venduta in America, con più di 10 milioni di dischi venduti).
La geniale interpretazione dello spirito originario del soul e del rhythm'n'blues, e la passione innata per una musica fantasiosa ed esplosiva, proclamano Prince tra gli artisti più innovativi degli anni Ottanta.
Anche le donne riescono finalmente a ritagliarsi un proprio spazio nel mondo del rock, dominato quasi esclusivamente da uomini: viene privilegiato il ritorno ad una musica diretta ed essenziale che riporta al rock delle origini.
Si presentano al pubblico solo con chitarra e voce, mentre la personalità e la grinta fanno il resto: nomi come Rickie Lee Jones (Flying Cowboy, 1989), Suzanne Vega (Solitude Standing, 1987), Tracy Chapman, (Tracy Chapman, 1987), Pat Benatar (Live from Earth, 1983),  Melissa Etheridge (Brave and Crazy, 1989) riescono con pochissimi dischi pubblicati ad arrivare al cuore degli ascoltatori, facendo riscoprire il gusto delle ‘ballads’.
Sono da citare grandi personalità femminili come la scozzese Annie Lennox, leader degli Eurythmics, androgina dalla voce potente, Siouxsie leader e mente creativa dei Banshees, ed ancora in piena era new wave, la cantante Toya.
In questo decennio, il punk non riesce a mantenere le promesse di movimento dirompente e si allea con il rock. Da questo strano matrimonio nasce il genere  hardcore. Fra i portabandiera troviamo i politicizzati Dead Kennedys, Suicidal Tendencies, i Circle Jerks.
Da ricordare per il loro sound oscuro vicino ai Velvet Underground di Lou Reed e Nico, i Cramps di Poison Ivy e Lux Interior.
Il pop più digeribile si poteva ottenere ascoltando i B-52’s, i Pere Ubu e i più cerebrali Talkin Heads guidati da David Byrne.
Intorno alla metà del decennio nacque in California un movimento chiamato Paisley Underground, che – secondo le intenzioni del suo ideatore, Mike Guercio, doveva risvegliare le atmosfere psichedeliche anni Sessanta. Tra i gruppi più significativi citiamo i Dream Syndicate (Days of Wine and Roses, 1982), anch’essi influenzati dal sound dei Velvet Underground, Bangles, Green On Red e Rain Parade.
Agli inizi degli anni Novanta il movimento si scioglierà, e dalle sue ceneri nascerà il grunge che avrà nei Pearl Jam la sua punta di diamante.
Dalla costa est, la Big Apple (New York) rispondeva con il garage sound dei Fuzztones, e dei più maturi Fleshtones.
Assolutamente da citare il musicista-compositore Glenn Branca, il vero ispiratore e punto di riferimento costante per moltissimi gruppi musicali, tra i quali i Sonic Youth.
Il rock metallaro o metal-rock nasce in questo decennio condensando le esperienze dell’hard-rock alla Deep Purple con l’hardcore. Tra le band più apprezzate  citare i Soundgarden provenienti da Seattle come i Pearl Jam.
Un altro fenomeno del decennio musicale è la post-psichedelia che attinge al rock psichedelico anni Sessanta e che trova un sicuro riferimento nei californiani Screaming Trees ed Electric Peace.
Ancora da San Francisco provengono i Tuxedomoon, molto apprezzati in Italia, dal sound raffinato non facilmente assimilabile .
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Tra le tendenze socio-musicali degli anni Ottanta è da annoverare la cosiddetta world music, una sigla globale che comprende tutto e niente, una musica che trae la sua forza dalle origini stesse della musica: il ritmo tribale della Grande Madre Africa.
È un ritorno - per alcuni, furbo - alle radici del suono, affrontato da musicisti colti come Peter Gabriel, Brian Eno e David Byrne dei Talkin' Heads che si ritrovano, ognuno per proprio conto, a sperimentare nuove strade musicali e nuovi motivi di vendita.
Sul fronte commerciale, il decennio Ottanta segna anche il tramonto del glorioso disco di vinile e la lenta ma progressiva ascesa del nuovo fenomeno: il compact disc, un dischetto di plastica praticamente indistruttibile con il quale ascoltare suoni assolutamente puri, che unitamente al fenomeno dei video musicali (video-clip), inventati negli Stati Uniti nel 1981 dalla televisione via cavo MTV, rendono sicuramente interessante  - ma molto meno energetica -  la transizione verso il rock caotico e magmatico degli anni Novanta.


Gli anni Novanta
Nel corso degli anni Novanta il rock alternativo continua il suo processo di espansione artistica e commerciale. Il trend generale che domina il decennio, riporta ad una musica sempre più astratta e impalpabile, orfana dell'etichetta ‘dance party’.
Uno dei rari capolavori dell’intero decennio vede la luce nel settembre del 1991.
Si chiama Nevermind ed è opera dei Nirvana, gruppo che ruotava intorno al carismatico ed oscuro Kurt Cobain. Il grande successo decretato al sound sporco e determinato del gruppo, diede coraggio alle case discografiche, che decidono di lanciare gruppi interessanti come Green Day e Offspring.
Un altro genere poco definibile di quel periodo fu il crossover, una fusione di rap, punk-metal ed anche dark ed elettronica. I gruppi leader di questo tipo di rock  si chiamano Rage against the machine, Limp Bizkit, Deftones.
Gli anni '90 videro l’affermazione dei cantautori astratti: compositrici come Tori Amos, e Lisa Germano, compositori come Matthew Sweet, Magnetic Field, Beck.
Il Canada poteva vantare Jane Siberry e Loreena McKennitt, due delle musiciste più concettuali dell'epoca, fino a quando Alanis Morissette non si propose quale leader del movimento femminile neo-folk.
L'Irlanda vantava due tra le migliori voci, Sinead O'Connor ed Enya, alle quali presto si aggiunse l'islandese Bjork.
La musica industriale segna un improvviso ritorno a Chicago con due dei gruppi più discussi a cavallo tra gli Ottanta e i Novanta: Ministry e Nine Inch Nails, ispirati dalle vecchie glorie europee.
Il rock gotico proveniva invece dagli Stati Uniti (Lycia, Black Tape For A Blue Girl) e non fu mai tanto popolare quanto la variante nordica della musica industriale.
La techno fu la nuova tendenza, una variazione elettronica della musica dance, inventata a Detroit negli anni '80, poi stabilitasi in Inghilterra, da dove contribuì fortemente alla nascita e all’espansione del fenomeno dei ‘rave party’, espressione in chiave metropolitana dei grandi raduni degli anni Settanta.
La Gran Bretagna fu il regno della musica neo-psichedelica. Cominciò tutto a Liverpool con i revival di Echo And The Bunnymen e Julian Cope, quindi prese velocità con il dream-pop dei Cocteau Twins, con gli australiani Dead Can Dance, e più tardi con la triade  Slowdive, Bark Psychosis e Tindersticks.
 Continuò ancora con le bands scozzesi di successo di noise-pop (Jesus And Mary Chain e Primal Scream ) prima di finire per costituire una nuova piattaforma per la  ambient music.
Alla fine degli anni Novanta, la Gran Bretagna fu invasa dal brit-pop, uno stato di musica ipnotica indotta dai media di pop super-melodico che partoriva innumerevoli "next big things", dai Verve agli Oasis ai Blur agli Suede ai Radiohead, la band con la quale questo genere terminò.
Negli anni '90 spopolarono anche nuove version di heavy metal, in particolare quella di Los Angeles con Metallica, Jane's Addiction, Guns And Roses, che presto si sbriciolò in una miriade di sotto-generi (doom metal, grind-core, death metal) e il funky-metal (Red Hot Chili Peppers e Rage Against The Machine a Los Angeles, Primus e Faith No More a San Francisco).
Marilyn Manson fu l'ultimo fenomeno che diede un pò di vigore al genere.
Anche la musica elettronica ebbe il suo momento di fama, nella dance,  nell'ambient  e nel noise.
Musicisti ed ‘ensemble’ elettronici provenivano dal Belgio, Francia, Germania, Canada, paesi scandinavi, e dal Giappone.
In Inghilterra la scena ambient elettronica fu rivitalizzata da Orb, Main, Rapoon, Autechre.
La musica dance inglese ebbe un successo maggiore (in termini di creatività) delle rock bands inglesi: rave trans global, dance,  ambient house, jungle, trip-hop e plain techno (Prodigy, Chemical Brothers) ridefinirono i processi compositivi e crearono a loro volta innumerevoli generi ibridi.
La industrial music e il grindcore in qualche modo di sono uniti per generare suoni terrificanti con i Techno Animal e Godflesh.
Gli irlandesi Cranberries e gli scozzesi Belle And Sebastian sono tra le gradevoli rivelazioni di successo di fine decennio.
Ricordiamo ancora il rock ibrido dei Massive Attacks con Blue Lines e Blood Sugar Sex Magic dei Red Hot Chili Peppers, che uniscono in modo esemplare il metal  bianco al funk di colore.
Gli anni Novanta furono anche la decade del rock intellettuale, dove le canzoni non potevano essere solo melodia e ritmo, ma ‘dovevano’ essere deformate e sconvolte.
Gli Stati Uniti rivelarono ancora una volta capiscuola e discepoli: New York si mosse con il rhythm and blues (Jon Spencer Blues Explosion, Soul Coughing, Royal Trux) e la psichedelia (Yo La Tengo ).
Boston mise la psichedelia (Galaxie 500, Morphine) e il pop (Breeders, Belly).
Seattle e Los Angeles contribuirono con la psichedelia: Sky Cries Mary, Built To Spill per Seattle, (Mazzy Star,Red Temple Spirits, Medicine, Grant Lee Buffalo) per la seconda città.
San Francisco concorse con  il folk e il country (American Music Club, Red House Painters).
Washington si unì con il punk-rock (Unrest, Girls Against Boys).
Chicago ancora con il punk-rock (Jesus Lizard) la psichedelia (Codeine, Eleventh Dream Day), il pop (Green, Smashing Pumpkins) e il country (Uncle Tupelo).
Il successo dei cantautori continuerà per tutto il decennio: tra i più rappresentativi ricordiamo i geniali Jeff Buckley, figlio del grande Tim ed Elliott Smith.
Ancora da menzionare Richard Buckner, Ben Harper e Joe Henry.
Per il resto, gli anni Novanta si possono definire di transizione e in un continuo balletto di equilibri, tra uno sguardo molto miope alla tradizione e la ricerca verso una musica sempre più assente, teleguidata dalle case discografiche e senza finalità condivise.
In sostanza si qualificherà più per le ombre generate che per i raggi di luce.

Infine, la democrazia del computer e la sua incredibile (e devastante) possibilità di far diventare chiunque lo voglia un musicista, produrrà purtroppo il contraddittorio e discutibile effetto di livellare verso il basso tanta produzione musicale.

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NOTE BIBLIOGRAFICHE
Belz Carl, Storia del rock. Mondadori. Milano, 1975
Bertoncelli Riccardo, Pop Story. Arcana Editrice, Roma, 1973
Buxton David, Il rock. Edizioni Lakota, Roma 1987, (supplemento al Mucchio Selvaggio n. 119).
Frith Simon, Sociologia del rock. Feltrinelli Editore Milano, 1982
Bertoncelli Riccardo, Rizzi Cesare, Enciclopedia del Rock, 1989
Scaruffi Piero, Storia della musica Rock, 1991
Guglielmi Federico, Rock, 500 dischi fondamentali Giunti, 2002
Ciao 2001 n. 52/1979 – n. 1 /1980





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