Memphis e la STAX Records

Era il 1957 quando nella spopolata zona a sud di Memphis nacquero lo studio di registrazione e l’etichetta che in pochi anni diventarono sinonimo di soul music d’autore.
In quell’edificio maturarono, insieme al sound di grandi artisti come Otis Redding, David Porter e Isaac Hayes, le idee che spazzarono via antichi pregiudizi sul colore della pelle.
Lì vicino fu assassinato nel 1969 Martin Luther King. Adesso quell’edificio è un museo da visitare.

L’autobus è identico a quello in cui Rosa Parks, il primo dicembre del 1955, si rifiutò di obbedire al conducente che le intimava di lasciare libero il suo posto per i bianchi e di accomodarsi nella parte posteriore riservata ai neri. Adesso è esposto in una sala del Museo dei Diritti Civili di Memphis.

All'interno i visitatori restano seduti pochi minuti, in raccoglimento. Si ode la voce di James Blake, conducente di Montgomery, Alabama. “Alzati, i posti per i negri sono in fondo al veicolo”. Poi la voce di lei, flebile e fiera: “lo non mi muovo di qui”.
Un giovane papà (bianco), abbracciato al figlio adolescente, scoppia in lacrime. Due posti più avanti, una mamma (nera), con le sue due bambine strette al petto, ascolta muta quella raggelante conversazione.
Uno paralizzato dalla vergogna, l'altra dal rancore non riescono a scambiarsi un segno di solidarietà. Una volta quell'edificio era il Lorraine Motel, uno dei pochi alberghi decenti di Memphis che davano asilo a clienti di colore.

Martin Luther King lo scelse senza riserve. C'erano passati Count Basie, Duke Ellington, Cab Calloway, Nat King Cole e Aretha Franklin in occasione dei loro concerti all'Orpheum Cheater.
Fu assassinato proprio lì: sulla terrazza della stanza numero 306, il 4 aprile 1968, poche ore dopo aver tenuto un discorso alla Mason Temple Church of God in Christ.
Solo quarant'anni fa, negli stati del Sud la segregazione razziale era ancora una piaga aperta. Soprattutto a Memphis, la città che nel 1971 decise di chiudere tutte le piscine pubbliche, per evitare che ragazzi bianchi e neri nuotassero nella stessa acqua.

Eppure cinquant'anni fa, a Memphis accadde un piccolo miracolo d'integrazione. “La nostra musica uccise il razzismo”, raccontava Isaac Hayes, figlio prediletto della capitale del rock & soul.
Accadde in uno studio di registrazione di McLemore Avenue, nella zona sud, inaugurato nel 1957 da Jim Stewart e Estelle Axton. Inizialmente lo chiamarono Satellite Records, successivamente lo ribattezzarono Stax, come le lettere iniziali dei due cognomi; una sigla che, insieme alla Motown di Detroit, diventò sinonimo di soul music.

Dal 1960 al 1968 la Stax, distribuita dalla newyorkese Atlantic, un gigante della discografia, creò una leggenda con il successo internazionale di artisti come Otis Redding, Sam & Dave, Booker T. & MG’s, Rufus e Carla Thomas (padre e figlia), William Bell, Eddie Floyd, Albert King e Staple Singers.
Il signor Stewart non sapeva niente di musica soul, era un violinista country che casualmente si ritrovò a gestire uno studio nella zona della città che in pochi mesi divenne un quartiere nero.
Jim e Estelle possedevano una qualità rara che li trasformò nei più audaci imprenditori del 1957: non avevano pregiudizi razziali.
Cosi accadde che Chips Moman, Dan Penn, Donald "Duck" Dunn, Wayne Jackson e Steve Cropper (tutti bianchi) collaborassero con Booker T. Jones, David Porter, Isaac Hayes e tanti altri colleghi di colore per creare un suono che e rimasto indelebile nella storia della musica del Novecento.

Ora la Stax, nonostante le ruspe avessero già distrutto gli edifici originari, e stata interamente ricostruita ed è diventata un museo. Con annesso negozio di dischi, proprio come era all'inizio. Nell'ufficio di Deanie Parker, che all'epoca incise anche alcuni dischi per l’etichetta, per poi diventare la responsabile della comunicazione e ora del museo, incontriamo David Porter e Isaac Hayes, salutati all'epoca come ‘i Bacharach & David del soul’.
Porter, 65 anni, testa rasata e orecchino di brillanti, e ancora in forma.
Hayes, riesce a parlare a fatica, dopo l'ictus che l’aveva colpito nel 2006.

Gli si illuminano gli occhi ricordando gli anni in cui diventò il "Mosè nero" della black music, i milioni di copie vendute di Shaft, i bizzarri costumi, i gioielli e le Cadillac, tutto in bella mostra al museo.
Il dolore ci pietrifica", racconta Porter, ricordando il giorno in cui Martin Luther King fu assassinato. “La Stax aveva subito pochi mesi prima la perdita di Otis Redding (morto in un incidente aereo il 10 dicembre 1967). Fu la fine di un'epoca. Quanti ricordi tra queste mura: rivedo ancora Otis che canticchiava a bocca chiusa ai musicisti le parti strumentali. E quando l'orchestra raggiungeva finalmente il livello d'intensità che lui desiderava, in sala era pura magia. Vivere a contatto con il suo genio creativo e stato per tutti noi una grande ispirazione”.

Vuol sapere come e nata Hold on, I'm coming di Sam & Dave?”, incalzava Hayes. ”Avevo scritto di getto una musica, volevo che David l'ascoltasse per metterci le parole. Lui era nel bagno degli uomini, gli gridavo di venire. Lui rispose: "Aspetta, sto arrivando" (in inglese Hold on, I'm coming)”
Rivedo ancora il giorno in cui David Porter e gli altri stavano qui davanti, come se la loro presenza potesse bloccare i bulldozer”, dice Deanie Parker commossa. Tante volte avevamo parlato di trasformare gli studi in qualcosa di speciale che durasse nel tempo per onorare la grande musica che era stata creata qui dentro. E successo adesso, cinquant'anni dopo. Finalmente Memphis ha capito: quel sogno che anni fa cercò in tutti i modi di distruggere, ha un valore inestimabile».
Quando la Stax andò in crisi, alla fine degli anni Sessanta, a Memphis e in tutto il Sud la segregazione razziale era ancora una realtà”, interviene Hayes.
“Ricordo i nostri esordi: eravamo schiacciati dalla povertà e dai pregiudizi. Per reagire facemmo quel che più ci piaceva: suonare.
Ero infatuato di Sam Cooke, Brook Benton, Nancy Wilson, Billy Eckstine e anche di un bianco, sì anche di un bianco, Tony Bennett. Approdai alla Stax nel 1962”.

Scrivemmo insieme la prima canzone; Can't see you when I wan to, nel 1963”, interviene Porter. “Esatto”, continua Hayes, “per molti giovani artisti di questa zona, che era esclusivamente abitata da neri, fu una risorsa. Se lei ascolta attentamente, nelle nostre canzoni c'e sempre un doppio senso.
Volevamo che la comunità vivesse con orgoglio la propria negritudine e lottasse per la propria dignità. Questo era il messaggio insito in canzoni-slogan come Hold on, I'm coming e Soul man: sono nato povero, ma ho la forza per superare tutto questo e per arrivare dove voglio”. “Venivamo da una dura gavetta”, ricorda Porter. “Ai tempi della scuola partecipavamo a tutte le gare canore che si tenevano a Beale Street.
Isaac aveva il suo gruppo, io il mio. Chi vinceva si portava a casa cinque dollari, una fortuna all'epoca”.

Ieri, come oggi, Memphis viveva di cotone e di musica: il museo Stax, gli studi Sun e Graceland attirano migliaia di visitatori. Ma l'astro di Elvis Presley, che aveva iniziato la sua carriera negli studi Sun di Sam Phillips, a due chilometri dalla Stax, era in declino quando Otis Redding iniziò la sua ascesa.

Isaac Hayes era il compositore e il session-man più richiesto dall'etichetta, poi, alla fine degli anni Sessanta, entrò anche lui nell'arena, conquistando i migliori risultati del dopo-Redding: un Oscar (per le musiche di Shaft) e tre Grammy, cantando con passione anche composizioni di autori bianchi come Bacharach.
Per me la musica non ha connotazioni razziali”, spiega. E la lingua universale, che a parlarla siano Glen Campbell o Muddy Waters. Quando David e io, agli esordi, parlavamo del livello compositivo che avremmo voluto raggiungere, facevamo riferimento solo a due team di compositori: Bacharach & David e Holland-Dozier-Holland”.

Degli anni d'oro in cui la Stax diventò un'agguerrita rivale della Motown, producendo quel suono ruvido e contagioso che fu la colonna sonora delle marce per i diritti civili, Deanie Parker ricorda: “Questo angolo di strada, tra McLemore Avenue e College Street, diventò la nostra casa e il centro del mondo”.
E vero, il nostro team era una famiglia”, ricorda Porter. “Non succedeva molto spesso che altri artisti entrassero qui dentro, a malapena riuscivamo a provvedere al fabbisogno dei nostri. Janis Joplin e i Doobie Brothers ci chiesero di usare lo studio B per le prove.
Vennero anche i Monkees, e Elvis, che qui registrò Raised on rock, nel 1973. Trenta canzoni, per l’esattezza.

Anche Jimi Hendrix, prima di partite per il suo primo tour europeo, passò per Memphis. All'epoca era il chitarrista degli Isley Brothers. C'incontrammo un paio di volte al bar che avevamo qui all'angolo, m'implorò di trovargli un lavoro come session man alla Stax,  ma noi avevamo Steve Cropper…”.

Diventammo un modello per la comunità nera”, ricorda Hayes, “perché continuammo a vivere nel quartiere anche quando diventammo famosi, restando accessibili a tutti”.
Cosi, anche se non fu mai dichiarato a chiare lettere, il messaggio era: "Se ce I'ho fatta io, puoi farcela anche tu"... "E’ il sentimento che stiamo cercando di ricreare con la Stax Music Academy, una scuola che si propone di tramandare l'eredità dell'etichetta”, spiega Deanie. “Abbiamo cinquecento iscritti, anche bambini provenienti da famiglie disagiate. Questo e il posto in cui potranno scoprire il loro talento e conoscere tanta buona musica. Perche David e Isaac non lo diranno mai, ma io si: il rap non e musica!
Isaac Hayes, nelle sue canzoni, insegnava al mondo come trattare una donna; il rap insegna ai ragazzi come maltrattarla”.

Il 1967 fu l'anno d'oro dell'etichetta. Booker T. and che MG’s, Mar-Keys, Arthur Conley, Sam & Dave e Otis Redding, arrivati in Europa con la Stax/Volt Revue, furono accolti come eroi.
La presa del "Memphis sound" è ancora formidabile in tutto il mondo.
Al cinema è stato immortalato dai Blues Brothers; a Porretta Terme, in provincia di Bologna, si tiene da vent'anni un "Soul Festival" gemellato con Memphis. Al suo fondatore, Graziano Uliani, il sindaco Willie Herenton ha conferito nel 1992 la cittadinanza onoraria.

La morte di Redding fu il primo colpo basso all'entusiasmo degli esordi. Resta una canzone pubblicata postuma, (Sittin'on) Che dock of the bay, a celebrare la grandezza del re del soul e della Stax.
Era ancora al primo posto in classifica quando, quattro mesi dopo, Martin Luther King fu assassinato al Lorraine Motel.

Le tensioni razziali esplosero, la Stax fu venduta alla Gulf & Western.
Toccò a Isaac Hayes traghettarla negli anni Settanta (fino alla chiusura definitiva, nel 1975, dopo l'ultimo hit, Woman to woman cantata da Shirley Brown) e - proprio come Mosè -  aiutarla ad attraversare le acque limacciose del Sud razzista.




(interviste raccolte il 29 luglio 2007 da Peppe Videtti per Repubblica. Isaac Hayes è morto il 10 Agosto 2008. Aggiornamento dall’autore del blog in data odierna)







Commenti

Post popolari in questo blog

Le due radio di Gioia Tauro

...e adesso le tivvù locali (a Gioia Tauro)

La vera storia del colonnello Custer a Little Big Horn